Scoperte nuove “firme chimiche” nell’atmosfera di K2-18b grazie al telescopio spaziale James Webb (JWST). Ecco cosa c’è da sapere sulla candidata più promettente alla vita extraterrestre.
Un’ambita super‑Terra nella zona abitabile
A circa 124 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Leone, orbita K2-18b, un esopianeta grande circa 2,5 volte il nostro pianeta. Classificato tra le “super‑Terre” o i “mini‑Nettuno”, K2-18b si trova nella zona abitabile della sua stella nana rossa, dove le temperature potrebbero permettere la presenza di acqua liquida.

Il ruolo chiave del JWST
Negli anni 2022–2023, un team dell’Università di Cambridge guidato dall’astrofisico Nikku Madhusudhan ha sfruttato la tecnologia d’avanguardia del James Webb Space Telescope per analizzare la luce stellare filtrata attraverso l’atmosfera di K2-18b. Grazie alla spettroscopia a infrarossi, gli scienziati hanno identificato “firme chimiche” che indicano la presenza di composti potenzialmente legati all’attività biologica.
Scoperte sorprendenti: DMS e DMDS
Tra le molecole rinvenute, spiccano il solfuro di dimetile (DMS) e il disolfuro di dimetile (DMDS).
- Sulla Terra: questi gas sono prodotti soprattutto da microrganismi marini (fitoplancton) e da batteri.
- Su K2-18b: le concentrazioni rilevate sono migliaia di volte superiori a quelle terrestri, aprendo il dibattito sulla possibile origine biologica.
La certezza statistica del rilevamento ha raggiunto il 99,7%, un balzo rispetto al 68% delle analisi precedenti.
Cautela scientifica e il traguardo “cinque sigma”
Nonostante l’entusiasmo, la comunità astronomica mantiene un sano scetticismo: per una conferma definitiva serve il livello di confidenza del “cinque sigma” (99,99999%). Fino ad allora, è essenziale considerare anche possibili fonti non biologiche dei composti, come processi geologici o chimici ignoti, come sottolinea Catherine Heymans dell’Osservatorio Reale di Edimburgo.
Oceani d’acqua o di roccia fusa? Il grande interrogativo
Le ipotesi sulla composizione interna di K2-18b sono contrastanti:
- Oceano globale: l’assenza di ammoniaca potrebbe indicare che si è disciolta in un vasto mare d’acqua salata.
- Mantello fuso: alcuni propongono un oceano di roccia liquida, scenario ostile alla vita come la conosciamo.
- Mini‑gigante gassoso: secondo Nicolas Wogan della NASA, K2-18b potrebbe non avere alcuna superficie solida, riducendo l’abitabilità.
I prossimi passi verso la conferma
Per discriminare tra ipotesi biologiche e abiologiche, i ricercatori stanno:
- Riproducendo in laboratorio le condizioni estreme di K2-18b (alta temperatura e pressione) per testare se DMS e DMDS possano formarsi senza organismi vivi.
- Pianificando nuove osservazioni con il JWST entro 1–2 anni, per aumentare la sensibilità spettroscopica e aspirare al “cinque sigma”.
Se confermato, K2-18b diverrebbe il primo pianeta extra‑solare con prove solide di biosignature, rivoluzionando la nostra visione del cosmo e della vita nell’Universo.
Oltre l’astronomia: riflessioni sul nostro posto nel cosmo
Come ricordato da Chris Lintott della BBC, analoghe speranze sono emerse in passato con il metano su Marte o la fosfina su Venere, per poi essere ridimensionate da analisi successive. Ogni scoperta, però, ci avvicina a comprendere se siamo soli o parte di una rete di mondi viventi.