L’uso dei social media tra i più giovani è in costante aumento. Nuove ricerche mostrano come questo comportamento digitale possa incidere sulla capacità di attenzione degli adolescenti, con effetti misurabili nel tempo.

Social media e disattenzione: un legame dimostrato
I social media influenzano direttamente la capacità di attenzione degli adolescenti. Un ampio studio condotto su oltre 8.000 ragazzi tra i 10 e i 14 anni ha rivelato una correlazione chiara: l’uso frequente delle piattaforme social è associato a un aumento graduale della disattenzione.
I ricercatori hanno esaminato tre abitudini digitali: videogiochi, contenuti video (come YouTube) e social media (TikTok, Instagram, Facebook, Snapchat, X, Messenger). Solo l’uso dei social media ha mostrato effetti negativi sulla concentrazione. Né i videogiochi né i video hanno avuto impatti simili, nemmeno a lungo termine.
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Anche tenendo conto di fattori genetici e socioeconomici, il legame tra uso dei social e difficoltà di attenzione resta valido. Inoltre, la direzione del fenomeno è chiara: non è la disattenzione a spingere verso i social, ma l’inverso.
Perché i social distraggono più dei videogiochi
I social media rappresentano una distrazione continua e imprevedibile. A differenza dei videogiochi, che richiedono una concentrazione costante e sessioni limitate, i social offrono interazioni brevi, frammentate e distribuite durante tutta la giornata. Questo crea un ciclo di interruzioni che può compromettere lo sviluppo dell’attenzione.

Anche la semplice attesa di una notifica può ridurre la concentrazione, anche se il messaggio non arriva. L’attenzione, se disturbata per lunghi periodi, tende a deteriorarsi anche in modo permanente.
Non tutti gli schermi sono dannosi: l’assenza di effetti negativi nei videogiochi e nei video smentisce l’idea che il problema sia “lo schermo” in sé. È invece la modalità di fruizione tipica dei social a rappresentare il rischio maggiore.
Un impatto collettivo visibile nei numeri
Sebbene l’effetto dei social media sulla singola persona sia minimo, l’impatto collettivo è notevole. Secondo gli esperti, un aumento medio di un’ora al giorno nell’uso dei social può tradursi in un +30% di diagnosi di ADHD nella popolazione giovanile. Questo dato, pur semplificato, dimostra come piccole variazioni individuali possano generare grandi cambiamenti sociali.
Negli ultimi vent’anni, l’uso dei social è passato da zero a circa cinque ore al giorno tra gli adolescenti. Nel 2023, il 46% dei ragazzi si dichiara “costantemente online”, contro il 24% del 2015. Questi numeri coincidono con un aumento delle diagnosi di ADHD, che non può essere attribuito solo alla maggiore consapevolezza o a una riduzione dello stigma.
Nuove regole per proteggere i più giovani
In risposta a queste evidenze, l’Australia ha introdotto una normativa che vieta l’uso dei social ai minori di 16 anni, attiva dal 10 dicembre 2025. Le aziende che non rispettano l’obbligo saranno soggette a sanzioni pesanti.
I ricercatori sottolineano l’importanza dell’iniziativa: “Vedremo che effetto avrà questa legislazione. Forse il resto del mondo dovrebbe seguire l’esempio australiano”.
Conclusione
L’uso eccessivo dei social media è un fattore concreto di rischio per la capacità di attenzione degli adolescenti. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di comprenderne gli effetti cognitivi. Limitare l’accesso in età precoce potrebbe rivelarsi una misura necessaria per il benessere mentale delle nuove generazioni.
Per approfondire:
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