Tumore alla prostata, la diagnosi parte da una risonanza magnetica

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Il tumore alla prostata è una formazione di tessuto costituito da cellule che crescono in modo incontrollato e anomalo all’interno della ghiandola prostatica ed è diventato il cancro più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali.

La prostata è una ghiandola delle dimensioni di una castagna presente nell’organismo maschile, collocata anteriormente al retto. Svolge un ruolo importante per le funzioni riproduttive, produce e secerne il liquido seminale, ed è influenzata dall’azione degli ormoni

Il tumore alla prostata colpisce soprattutto dopo i 50 anni. Cellule tumorali sono presenti nel 40% circa dei cinquantenni ed il rischio aumenta con l’età. Addirittura, secondo recenti studi e statistiche mediche, quasi tutti gli uomini di età superiore agli 80 anni presentano un piccolo focolaio di cancro alla prostata.

Se è il tumore più frequente, la buona notizia è che molti tumori si rivelano poco aggressivi, rimangono confinati alla prostata e presentano un decorso piuttosto lento; ciò significa che i pazienti possono convivere col tumore per anni senza sottoporsi a specifici trattamenti e senza subire conseguenze negative per la loro salute. Inoltre, quando necessarie, le opzioni terapeutiche sono molteplici e piuttosto efficaci.

Purtroppo, accanto alle forme a crescita molto lenta, esistono anche carcinomi prostatici più aggressivi, con tendenza a metastatizzare. Questi tipi di cancro crescono rapidamente e possono diffondere ad altre parti del corpo (attraverso il sangue o il sistema linfatico), dove le cellule tumorali possono formare tumori secondari (metastasi). In simili circostanze le probabilità di curare la malattia sono molto basse.

Le cause reali del carcinoma prostatico rimangono ancora sconosciute. È possibile però individuare alcuni potenziali fattori di rischio che aumentano la probabilità di ammalarsi, anche se non sono direttamente responsabili dell’insorgenza della patologia.

Tumore alla prostata, la diagnosi parte da una risonanza magnetica

Tumore alla prostata diagnosi parte da una risonanza magnetica

In primis, va fatta attenzione all’alimentazione: una dieta ricca di grassi, soprattutto saturi come fritti e insaccati e l’eccessivo consumo di carne rossa e latticini (quindi anche di calcio), aumenterebbero l’incidenza. Aumenterebbero l’incidenza anche la sedentarietà, alti livelli di androgeni nel sangue ed anche fattori ereditari: gli uomini con un parente stretto (padre, zio o fratello) con questo tumore presentano infatti un maggiore rischio di ammalarsi (soprattutto se la neoplasia è stata diagnosticata a più di un familiare, anche prima di 65 anni). È bene quindi che effettuino controlli a partire dai 40-45 anni.

Nelle sue fasi iniziali, il tumore della prostata è asintomatico e viene diagnosticato in seguito alla visita urologica, che comporta esplorazione rettale, o controllo del PSA, con un prelievo del sangue.

Quando la massa tumorale cresce, dà origine a sintomi urinari: difficoltà a urinare (in particolare a iniziare) o bisogno di urinare spesso, dolore quando si urina, sangue nelle urine o nello sperma, sensazione di non riuscire a urinare in modo completo.

I sintomi urinari del tumore della prostata compaiono solo nelle fasi più avanzate della malattia e comunque possono indicare anche la presenza di problemi diversi dal tumore. È quindi molto importante che la diagnosi sia eseguita da un medico specialista che prenda in considerazione diversi fattori prima di decidere come procedere.

È  importante inoltre uno screening continuo delle attività della prostata e controlli medici periodici per scovare la malattia fin dal suo insorgere.

Ma quando è necessario effettuare una risonanza magnetica per verificarne le condizioni?

Se il valore del Psa è alto sarà necessario effettuare una biopsia, questo è uno dei modus operandi più comuni negli uomini che hanno superato i cinquant’anni. Si tratta però di un esame piuttosto invasivo che oltre tutto rischia anche di non essere così preciso nel diagnosticare lo stato di salute della prostata: la risonanza magnetica invece può essere più precisa e sicuramente meno invadente di altri esami.

A sottolinearlo anche la conclusione dello studio Precision», pubblicato sul New England Journal of Medicine che ha visto coinvolti ricercatori di 11 Paesi, tra i quali Alberto Briganti (vicedirettore dell’Istituto di ricerca urologica dell’Irccs San Raffaele di Milano), Valeria Panebianco (coordinatrice dell’unità prostata del Policlinico Umberto I di Roma) e Francesco Giganti (radiologo all’University College di Londra).

È emerso che il “filtro” della risonanza magnetica è con ogni probabilità un elemento utile per raggiungere il duplice obiettivo: ridurre la diagnosi di tumori indolenti e rendere più accurata quella delle neoplasie “attive”.

La ricerca ha coinvolto 500 uomini che avevano già effettuato il dosaggio del Psa. E i valori rilevati erano tra 4 e 10, ricadendo in una zona grigia, perché non permette di avere il fondato sospetto della presenza di un tumore né di escluderlo. Metà degli uomini è stata quindi sottoposta alla biopsia prostatica ecoguidata, l’altra metà alla risonanza magnetica

I risultati sono stati chiari: i tumori più aggressivi sono stati scoperti nel 38% degli uomini del primo gruppo, rispetto al 26% rilevato nel gruppo di confronto. Segno che – dice Briganti – “la risonanza magnetica può essere un’ utile arma per identificare i pazienti che necessitano di prima biopsia. Infatti il Psa, da solo, non sempre è sufficientemente accurato per identificare il candidato alla biopsia prostatica”.

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