Per decenni ci hanno insegnato a temere il disaccordo. L’immagine idealizzata della coppia perfetta è sempre stata quella di due persone che non alzano mai la voce, che sono sempre d’accordo su tutto e che vivono in una perenne simbiosi pacifica. La realtà clinica e psicologica, tuttavia, racconta una storia molto diversa. Il silenzio non è sempre d’oro; a volte è semplicemente vuoto.
La psicologia moderna ha ribaltato la prospettiva sui conflitti sentimentali. Discutere con il partner non è sinonimo di crisi, ma spesso rappresenta un sintomo di vitalità e di investimento emotivo. Le coppie che durano non sono quelle che non litigano mai, ma quelle che hanno imparato a litigare “bene”. Affrontare le divergenze, esprimere il proprio disagio e cercare una riparazione attiva è una delle azioni più mature che si possano intraprendere. È proprio la qualità del conflitto, e non la sua assenza, a distinguere le relazioni superficiali da quelle profonde e resilienti.

Tuttavia, passare dalla teoria alla pratica è complesso. Quando siamo nel mezzo di una sfuriata, è difficile percepire quel momento come “sano”. Sentiamo l’adrenalina, la frustrazione e talvolta la paura che tutto stia per crollare. Eppure, se tu e il tuo partner riuscite a navigare attraverso tre specifici tipi di confronto, le probabilità che la vostra storia superi la prova del tempo aumentano esponenzialmente.
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La verità nascosta dietro le discussioni banali
Tutti ci siamo passati. Si inizia parlando di cosa mangiare per cena o di chi ha lasciato le scarpe in mezzo al corridoio e, in pochi minuti, la tensione sale alle stelle. Questi sono quelli che potremmo definire “argomenti stupidi”. Sul momento sembrano questioni di vita o di morte, ma a mente fredda ci si chiede: “Perché abbiamo sprecato due ore per una cosa del genere?”.
A prima vista, litigare per le regole di un gioco da tavolo o per il dentifricio aperto appare infantile. Ma uno sguardo più attento rivela che questi scontri raramente riguardano l’oggetto della discussione. Nove volte su dieci, il pretesto banale nasconde un bisogno emotivo insoddisfatto o una dinamica più profonda. Non si tratta dei piatti sporchi, si tratta di sentirsi rispettati. Non si tratta della cena, si tratta di sentirsi ascoltati nelle proprie preferenze.
L’errore più comune è liquidare l’accaduto alzando gli occhi al cielo. Saper leggere tra le righe dei litigi quotidiani è una competenza fondamentale. Invece di ostinarsi a risolvere la questione logistica (i piatti o la cena), uno dei due partner deve assumere il ruolo di “detective emotivo”. La domanda da porsi non è “chi ha ragione sulla lavastoviglie?”, ma “cosa sta cercando di dirmi davvero il mio partner?”. Forse quella reazione esagerata nasconde stanchezza, bisogno di affetto o la sensazione di essere dati per scontati. Imparare a guardare oltre la superficie trasforma un litigio inutile in un’opportunità di connessione.

I vicoli ciechi: gestire i problemi irrisolvibili
Esiste poi una categoria di conflitti che mette a dura prova anche le coppie più solide: gli argomenti “senza via d’uscita”. Sono quelle discussioni cicliche, che si ripresentano identiche mese dopo mese, anno dopo anno. Entrambi i partner sono testardi, entrambi hanno tecnicamente ragione dal loro punto di vista, e non sembra esserci un compromesso all’orizzonte.
Secondo le ricerche del Gottman Institute, guidate dai celebri psicologi John e Julie Gottman, circa il 69% dei problemi in una coppia sono “perpetui”. Sono legati a differenze fondamentali di personalità, valori o stili di vita. Cercare di “risolvere” definitivamente questi problemi è un’impresa destinata al fallimento che porta solo a esaustione emotiva.
L’obiettivo in questi casi deve spostarsi dalla risoluzione alla gestione. Accettare le differenze caratteriali del partner senza cercare di cambiarle è un atto di profondo amore. In queste discussioni, la vittoria non è convincere l’altro, ma riuscire a rimanere gentili e rispettosi anche nel disaccordo. Uno studio pubblicato sulla rivista Communication Studies nel 2016 ha evidenziato un dato interessante: non è la frequenza dei litigi a minare la sicurezza della relazione, ma la percezione che i problemi siano ingestibili.
Quando una coppia capisce che può trovarsi su fronti opposti senza per questo essere nemici, il livello di stress crolla. Non tutti i puzzle hanno una soluzione perfetta, ma finché entrambi i partner si sentono ascoltati e validati nelle loro emozioni, la relazione rimane al sicuro. È la differenza tra dire “sei sbagliato” e dire “vedo le cose diversamente, ma capisco il tuo punto di vista”.
Lo Stonewalling e l’arte della pausa strategica
Il terzo scenario è forse il più spaventoso: lo “stonewalling”, o muro di pietra. Accade quando uno dei due partner si chiude completamente a riccio, smette di rispondere, evita il contatto visivo o lascia fisicamente la stanza mentre l’altro continua a incalzare. Nelle dinamiche tossiche è una forma di manipolazione, ma nelle relazioni sane può essere una reazione fisiologica di difesa.
Quando il conflitto diventa troppo intenso, il corpo entra in una modalità di sopravvivenza: il battito cardiaco accelera, l’adrenalina inonda il sistema e la corteccia prefrontale (la parte del cervello deputata al ragionamento logico) smette di funzionare efficacemente. Questo fenomeno è noto come flooding. Chi fa stonewalling in questi momenti non lo fa necessariamente per punire l’altro, ma perché è emotivamente sopraffatto e non riesce più a processare le informazioni.
Tuttavia, come sottolineano i Gottman, l’evitamento persistente del conflitto è uno dei predittori più forti di divorzio. Come se ne esce? Trasformare la fuga in una pausa intenzionale. La differenza sta tutta nell’accordo reciproco.
Non bisogna uscire sbattendo la porta. Bisogna dire: “Mi sento sopraffatto e non riesco più a discutere lucidamente. Ho bisogno di 20 minuti per calmarmi, poi tornerò e ne riparleremo”. Questo cambia tutto. Il vero successo non sta nel silenzio, ma nel mantenere la promessa di tornare. Riprendere la conversazione con calma dimostra che la relazione è più importante dell’orgoglio e che entrambi siete impegnati a trovare una soluzione, non a vincere una battaglia.
Superare questi tre tipi di conflitti richiede pratica e pazienza. Non significa che litigare diventerà piacevole, ma smetterà di essere spaventoso. Diventerà un altro strumento per conoscersi meglio.
Domande Frequenti (FAQ)
È normale litigare spesso in una relazione felice? Sì, la frequenza dei litigi non è un indicatore affidabile della felicità di coppia. Ciò che conta davvero è il modo in cui si litiga. Le coppie felici mantengono il rispetto reciproco durante lo scontro e, soprattutto, si impegnano attivamente nei tentativi di riparazione post-conflitto per ristabilire la connessione emotiva.
Cosa significa esattamente “Stonewalling”? Lo stonewalling è l’atto di erigere un muro psicologico o fisico durante una discussione. Chi lo mette in atto smette di rispondere, evita lo sguardo o si allontana. Spesso è una risposta fisiologica al sentirsi sopraffatti (flooding), ma se usato cronicamente per evitare il confronto diventa distruttivo per la relazione.
Come posso capire se un litigio è “tossico” o sano? Un litigio sano si concentra sul comportamento o sull’evento specifico (“Mi ha ferito che tu non abbia chiamato”), mentre un litigio tossico attacca la personalità o il carattere del partner (“Sei egoista e inaffidabile”). Il disprezzo, gli insulti e la mancanza di volontà di riparare sono segnali di allarme.
Quando è utile chiedere aiuto a un terapeuta di coppia? Non bisogna aspettare che la relazione sia in frantumi. È utile rivolgersi a un esperto quando i conflitti diventano ciclici e non si riesce a uscirne, quando c’è un persistente “muro del silenzio”, o quando si è persa la capacità di comunicare i propri bisogni senza aggredire l’altro.
Vuoi migliorare la tua comunicazione di coppia? Se ti sei riconosciuto in queste dinamiche, il prossimo passo è lavorare sull’ascolto attivo. Ti consiglio di approfondire il metodo Gottman per la gestione dei conflitti o di consultare le risorse dell’Ordine degli Psicologi per trovare supporto professionale qualificato.
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