Aids, sconfitto il virus: nasce con l’HIV ma a 9 anni sta bene

VEB

Progressi nella lotta all’Aids: una bambina di 9 anni è nata con l’HIV ma adesso sta bene.

Quel terribile spauracchio che una trentina di anni fa cominciò a martellare l’informazione col suo portato di gravità e ineluttabilità, l’Aids, sembra conoscere delle battute di arresto foriere di un futuro forse roseo.

Sembrava una maledizione di dio, inviata sulla Terra per condannare comportamenti sessuali troppo libertini: una specie di segnale che diceva di accoppiarsi solo con una persona nella vita, così si sarebbero risolti molti dei problemi dell’umanità.

Insomma, fate l’amore solo per procreare, secondo gli insegnamenti più dogmatici della religione.

Poi si è scoperto, ma forse lo si sapeva già da prima, che è vero tutto il contrario, che cioè bisogna fare all’amore e invece cercare di fare figli il meno possibile, se è vero che su questo mondo andiamo verso i 7 miliardi di persone, molte delle quali cominciano a scappare come cavallette dai luoghi dove regnano povertà, carestie e guerre.

Virus e malattie fortemente contagiose, come ad esempio Ebola, nel frattempo sono stati sconfitti.

Rimaneva l’Aids, la malattia delle malattie portata dal virus dell’HIV. E così con pazienza sono cominciate le sperimentazioni, e finalmente dopo tanti anni, ci sono i primi riscontri molto positivi.

Una bambina di 9 anni nata col virus, ora sta bene e, almeno per il momento, non ha bisogno di prendere farmaci di sorta.

La ragazzina aveva preso il virus dell’HIV dalla madre al momento del parto. La piccola è stata curata in maniera intensiva praticamente da subito.

Le è stata somministrata una terapia antiretrovirale per 40 settimane, fino a che del virus era scomparsa ogni traccia. Al momento, dopo circa 8 anni e mezzo, la bambina sta bene. Un successo.

Il caso della bambina sudafricana è stato descritto nella conferenza dell’International Aids Society appena svoltasi a Parigi.

Anthony Fauci, Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense, spiega: “Servono maggiori studi per capire come stimolare la remissione del virus nei bambini infetti, tuttavia questo caso rafforza la speranza che trattando un bambino sieropositivo durante l’infanzia, potremmo risparmiargli il peso di una terapia che dura tutta una vita”.

Dal canto suo Giovanni Maga, virologo, osserva: “Potrebbe essere stata la combinazione di una terapia precoce molto aggressiva e delle caratteristiche genetiche e immunitarie della bambina ad aver reso possibile una finestra temporale così lunga in cui il virus risulta non misurabile nel sangue”.

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