Antibiotici, nel mondo i consumi continuano a raddoppiare

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Se lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni ritenute in passato incurabili, dall’altro negli ultimi anni il fenomeno della “resistenza” sta spaventando gli esperti, che temono il diffondersi di un virus magari letale che le molecole in uso non sarebbero in grado di debellare.

L’antibiotico resistenza è il fenomeno per cui gli antibiotici non riescono a debellare le infezioni batteriche: quando succede è necessario cambiare tipo di antibiotico, ma vi sono batteri che sono diventati del tutto insensibili a numerosi antibiotici, anche appartenenti a famiglie chimiche diverse.

Questa problematica è diventata una vera e propria priorità di sanità pubblica a livello mondiale, non soltanto per le importanti implicazioni cliniche (aumento della morbilità, letalità, durata della malattia, possibilità di sviluppo di complicanze, possibilità di epidemie), ma anche per la ricaduta economica delle infezioni da batteri antibiotico-resistenti, dovuta al costo aggiuntivo richiesto per l’impiego di farmaci e di procedure più costose, per l’allungamento delle degenze in ospedale e per eventuali invalidità.

Il fenomeno dell’antibiotico resistenza è stato alimentato negli anni da un uso indiscriminato di questi importantissimi farmaci e dal fatto, che al momento non se ne riescano a sintetizzare di nuovi, capaci di ammazzare i batteri resistenti, magari attraverso metodi di funzionamento alternativi ai farmaci in commercio.

Antibiotici, nel mondo i consumi continuano a raddoppiare

Antibiotici, nel mondo i consumi continuano a raddoppiare

Per quanto riguarda i numeri, gli ultimi diffusi sono a dir poco allarmanti: tra il 2000 e il 2015 il consumo globale di antibiotici è cresciuto di quasi il 40%, nonostante gli allarmi sui rischi legati alla resistenza, con alcuni paesi a medio e basso reddito che hanno superato quelli più ricchi nell’utilizzo di questi farmaci.

Lo afferma un report su 76 paesi coordinato dal Center for Disease Dynamics, Economics and Policy di Washington, che mette l’Italia tra i ‘cattivi’.

Secondo i dati raccolti nel 2015, nei 15 anni sono state consumate in totale 35 miliardi di dosi di antibiotici nel mondo, con un aumento del 65%, mentre il tasso di consumo ogni mille abitanti è passato da 11,3 dosi al giorno a 15,7, con una crescita del 39%. L’aumento maggiore, di circa il 77%, si è avuto nel periodo considerato nei paesi a basso e medio reddito, mentre in quelli più ricchi il dato è sostanzialmente stabile.

Con un consumo ogni mille abitanti di circa 30 dosi al giorno, l’Italia si piazza al quindicesimo posto tra i 76 paesi considerati. Peggio di noi fanno hanno fatto la Spagna e la Grecia, rispettivamente terza e quarta, mentre Turchia e Tunisia sono ai primi due posti intorno alle 48 dosi al giorno ogni mille abitanti.

L’aumento, spiega Eili Klein, uno degli autori della ricerca, riguarda sia i vecchi antibiotici che quelli di nuova generazione. “Ora più che mai abbiamo bisogno di interventi efficaci – afferma – che ne riducano l’uso, sia sulla gestione che sull’educazione pubblica”.

E, secondo un recente studio, la colpa della resistenza sarebbe inoltre da imputare anche a diversi altri farmaci.

Un quarto dei farmaci usati comunemente ha un effetto negativo sui batteri che vivono nell’intestino (microbioma intestinale) paragonabile a quello degli antibiotici: è quanto emerge da uno studio europeo pubblicato dalla rivista Nature, secondo cui questo può avere quindi un effetto anche sul fenomeno della resistenza.

I ricercatori del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolae (Embl) di Heidelberg hanno eseguito uno screening di oltre mille farmaci comuni, verificandone l’effetto contro 40 batteri rappresentativi della flora batterica intestinale. È così emerso che più di un quarto dei farmaci diversi dagli antibiotici (250 su 923) ha un effetto negativo sulla crescita di almeno una specie del microbioma.

Lo studio precisa che in qualche caso il meccanismo favorisce anche l’insorgere della resistenza agli antibiotici. “Questo è preoccupante, perché prendiamo molti farmaci, talvolta per lunghi periodi. In qualche caso la resistenza a qualche non antibiotico potrebbe stimolare la sensibilità ad antibiotici specifici”.

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