Antitrust, multa milionaria per WhatsApp: impone Facebook

VEB

Impone agli utenti la condivisione con Facebook: l’Antitrust multa WhatsApp per 3 milioni di euro.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato ben due istruttorie al termine delle quali ha elevato una sanzione pecuniaria molto salata a WhatsApp: 3 milioni di euro.

Per l’Autorità l’app di messaggistica ha “di fatto indotto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi termini di utilizzo, in particolare la condivisione dei propri dati con Facebook, facendo loro credere che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell’uso dell’applicazione”.

Questo si legge in una nota diramata dall’Antitrust.

“Differente – continua la nota – la situazione per coloro che erano già utenti alla data della modifica dei Termini (25 agosto 2016) che avevano, invece, la possibilità di accettarne ‘parzialmente’ i contenuti, potendo decidere di non fornire l’assenso a condividere le informazioni del proprio account WhatsApp con Facebook e continuare, comunque, a utilizzare l’app”.

Nella seconda istruttoria l’Autorità ha rilevato anche clausole vessatorie in alcune disposizioni contrattuali dell’app.

Si ricorda che queste clausole sono quelle che apportano notevole vantaggio a una parte contrattuale a svantaggio dell’altra.

Detto in parole povere si parla di clausole vessatorie quando le disposizioni contrattuali avvantaggiano in modo considerevole una parte, penalizzando fortemente l’altra.

Per questo motivo la legge prevede forti limiti all’inserimento di tali disposizioni nei contratti.

L’Antitrust nelle disposizioni contrattuali di WhatsApp ha rilevato in particolare: “le esclusioni e limitazioni di responsabilità in capo a WhatsApp molto ampie e assolutamente generiche, inclusa quella che discende dal proprio inadempimento; la possibilità di interruzioni del servizio decise unilateralmente da WhatsApp senza motivo e senza preavviso; il diritto generico esercitabile da WhatsApp di risolvere il contratto/recedere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo e non consentire più all’utente l’accesso/utilizzo dei servizi”.

E poi ancora: “il diritto generico esercitabile da WhatsApp di introdurre modifiche, anche economiche, dei Termini di Utilizzo senza che nel contratto siano preventivamente indicate le motivazioni e senza neppure prevedere modalità per informarne in maniera adeguata l’utilizzatore, unitamente alla previsione del meccanismo di ‘silenzio assenso’; quale legge applicabile al contratto e alle controversie quella dello Stato della California e quali unici fori competenti Tribunale Federale degli Stati Uniti della California settentrionale o il Tribunale dello Stato della California; un generico diritto esercitabile da WhatsApp di recedere dagli ‘ordini’ e di non fornire rimborsi per i servizi offerti; la generale prevalenza del contratto scritto in lingua inglese”.

Non tarda ad arrivare la replica di WhatsApp che attraverso un suo portavoce fa sapere che: “l’azienda rispetta la legge e che è pronta a rispondere a tutte le domande che l’Autorità le rivolge oggi”. Staremo a vedere come andrà a finire.

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