artrite reumatoide una molecola per fermarla

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Il nostro sistema immunitario si attiva verso le membrane che rivestono le superfici delle nostre articolazioni, ecco spiegato, in modo molto aleatorio, quella patologia denominata artrite reumatoide che colpisce, appunto, le articolazioni del nostro corpo, anche se si tratta di una malattia autoimmune e per la quale l’eziologia non è ancora del tutto definita, in pratica non ancora vi è una spiegazione di fondo, quello che sappiamo è che parliamo di una malattia cronica invalidante di tipo infiammatorio e sistemica.

Le articolazioni vengono generalmente interessate in maniera simmetrica e aggiuntiva; a essere colpite sono in genere le piccole articolazioni delle mani e dei piedi, ma qualsiasi articolazione diartrodiale (cioè dotata di membrana sinoviale) può essere coinvolta. Più frequentemente l’infiammazione è poliarticolare, ossia interessa più di quattro articolazioni, e, se non trattata o non responsiva ai trattamenti, può provocare erosioni ossee e deformità.

La denominazione di Artrite Reumatoide compare per la prima volta nel 1859, anche se la malattia di per se è già presente nel passato: la scoperta di scheletri nel nuovo mondo risalenti a circa 5000 anni fa presentano lesioni che richiamano l’A.R.

L’artrite reumatoide è una malattia multifattoriale, ciò significa che ha più di una causa. La predisposizione genetica ed alcune infezioni virali sembrano giocare un ruolo importante nell’insorgenza e nel mantenimento della patologia. Anche il fumo rappresenta una condizione predisponente.

Artrite reumatoide, una nuova molecola per fermare la malattia

Artrite reumatoide una nuova molecola per fermare la malattia

Colpisce preferibilmente le donne con un rapporto di 4:1, sebbene sia possibile la sua comparsa nell’età pediatrica (artrite giovanile), l’artrite si rivela per lo più tra i 35 e i 50 anni di età.

E’ a decorso ciclico con fasi di acutizzazione che si alternano a periodi di remissione della malattia. Una caratteristica è l’anemia, febbre, e debolezza muscolare (astenia) oltre naturalmente al dolore articolare caratterizzato da tumefazione (gonfiore) e da rigidità articolare mattutina.

Allo stato attuale non esiste una cura universale e definitiva in grado di debellare l’artrite reumatoide. Attraverso un trattamento appropriato, mirato alla riduzione del dolore, alla rivisitazione delle proprie abitudini comportamentali e alla prevenzione delle lesioni articolari, è comunque possibile convivere con la malattia e mantenere una buona qualità di vita.

In generale, farmaci antidolorifici e antinfiammatori, tra cui gli steroidi, sopprimono i sintomi ma non fermano la progressione della condizione. Farmaci antireumatici modificanti la malattia(DMARD) possono rallentare o arrestare la progressione della malattia.

Ma, a quanto pare, i pazienti che soffrono di artrite reumatoide avranno a breve un nuovo e valido alleato: si chiama Baricitinib, la molecola alla base di un nuovo farmaco approvato in Italia dall’AIFA, che blocca i meccanismi che innescano l’infiammazione alle articolazioni.

Il meccanismo che sta alla base di Baricitinib è del tutto innovativo. Questa molecola, infatti, inibisce infatti gli enzimi Janus chinasi 1 e 2, che modulano i segnali delle citochine infiammatorie responsabili dello sviluppo e della progressione della malattia. In più, a differenza dei farmaci biologici attualmente impiegati per la cura dell’artrite reumatoide, il nuovo farmaco è capace di bloccare l’effetto di quelle proteine infiammatorie che creano i dolori tipici di questa patologia invalidante.

In più, il farmaco avrà il grande vantaggio di poter essere assunto per via orale, anziché tramite iniezione come in genere accade per la maggior parte dei farmaci anti-infiammatori.

“Si tratta di un importante progresso per i pazienti”, spiega Roberto Caporali, Professore Associato di Reumatologia presso l’Università di Pavia e Responsabile dell’Early Arthritis Clinic della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia, “perché tra il 40 e il 50% dei pazienti non ottiene miglioramenti dal trattamento di prima linea che solitamente si basa sull’uso del metotrexate”.

L’efficacia della terapia con metotrexate viene valutata a 3 mesi e poi a 6, per valutare il raggiungimento di uno stato di controllo dei sintomi e, possibilmente, di remissione della patologia. Se il paziente non risponde e non ne trae beneficio, è necessario passare a terapie di seconda linea. Baricitinib può essere quindi un’opzione terapeutica in questa tipologia di pazienti.

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