Canarie, turisti contagiati dal resistente batterio Klebsiella

VEB

Da anni ormai gli esperti di tutto il mondo cercano di sensibilizzare, sovente invano, sul rischio che si corre ad abusare di antibiotici, anche quando questi effettivamente non servono.

Se comunemente si è convinti che un antibiotico faccia sempre bene, anche quando si è alle prese con un semplice raffreddore, un ricorso eccessivo agli antibiotici li rende inefficaci sul lungo periodo, proprio come sta accadendo in questo momento nel mondo.

Secondo uno studio condotto negli Usa in sei grandi ospedali, al quarto giorno di ricovero in media il 60% dei pazienti viene curato con antibiotico, prescritto in 1 caso su 3 senza sintomi di infezione e per la metà dei pazienti senza uno screening approfondito sui batteri. Questo riguarda anche e soprattutto l’età pediatrica.

Secondo l’European Centre for Disease Control (ECDC), ogni anno in Europa si registrano 25.000 vittime per infezioni da germi resistenti, che nel mondo salgono a 700.000.

Secondo l’economista inglese Jim O’Neill, che ha ricevuto dal premier britannico David Cameron il compito di redigere un rapporto sul fenomeno in crescita dell’antibiotico-resistenza “se non saranno fermati con misure idonee, uccideranno 10 milioni di persone in più entro il 2050. Si tratta di un numero di vittime superiore a quelle che oggi si contano per colpa del cancro e i costi saranno pari a 100 trilioni di dollari, 35 volte superiori al Pil del Regno Unito (circa 3 tln di dollari l’anno)”.

O’Neill, padre degli acronimi Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e Mint (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia), ha inoltre spiegato in numerosi interventi pubblici che le conseguenze saranno più gravi soprattutto in questi Paesi: “In Nigeria, entro il 2050 più di una morte su 4 sarà causata da infezioni antibiotico-resistenti, mentre in India si potrebbero perdere 2 milioni di vite in più ogni anno”.

Tra i batteri più resistenti e pericolosi, in questo momento sta creando non poco allarme un particolare batterio resistente agli antibiotici, che ben tredici turisti svedesi e norvegesi hanno contratto durante il loro ricovero nell’ospedale di Gran Canaria, nelle isole Canarie.

Il batterio è il Klebsiella pneumoniae St392, che di solito si contrae proprio durante i ricoveri in ospedale: a confermarlo il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), che spiega anche come vi sia un alto rischio che questo batterio si diffonda in Europa una volta che i turisti tornino e vengano ricoverati negli ospedali del loro paese d’origine e non siano prese le necessarie misure di prevenzione.

Il Klebsiella Pneumoniae ST392 produttore di carbapenemasi (OXA48) è un batterio che può provare polmonite batterica, infezioni nel tratto urinario e in ferita per quanto riguarda soggetti immunidepressi.

Dalle analisi – evidenzia  il report – è emerso che il batterio è stato contratto all’interno di una stessa struttura sanitaria dell’isola.

La probabilità di rimanere contagiati è molto bassa per chi non entra in contatto con la struttura sanitaria, ma, avverte l’Ecdc, c’è’ un alto rischio che si diffonda e di focolai epidemici se il viaggiatore lo prende, ma non gli viene rilevato, e viene ricoverato in ospedale una volta tornata a casa. Dato l’alto numero di turisti nell’isola (più di 15 milioni solo nel 2016), c’è il rischio di un’epidemia che viaggi per tutta Europa se i pazienti vengono trasferiti da un paese all’altro.

L’Ecdc suggerisce quindi agli ospedali di tutti i paesi europei di verificare, al momento del ricovero, dove hanno viaggiato e dove sono stati ricoverati prima i pazienti. Tutti coloro che sono stati trasferiti direttamente o sono stati ricoverati in un paese straniero nei 12 precedenti il ricovero nel paese d’origine devono essere controllati per questo batterio.

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