Cannabis light, per il Css non si può escludere pericolosità

VEB

Nelle scorse vi abbiamo raccontato come, per la prima volta da 57 anni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si appresta a rivalutare scientificamente gli effetti della cannabis.

La marijuana è attualmente inserita nella Tabella I (altamente additiva e soggetta ad abuso) e nella Tabella IV (sostanze incluse nella Tabella I raramente utilizzate nella pratica medica) della Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961. Tale incrocio di collocazioni complica, impedendola di fatto, la ricerca sui componenti attivi della pianta a causa delle difficoltà amministrative che gli scienziati incontrano per avere accesso alle sostanze.

Nei prossimi mesi gli esperi saranno chiamati a decide se la canapa e le sostanze in esse contenute possono o meno essere considerate altamente nocive, ma in Italia ci si interroga anche sulla cannabis light, che proprio nei mesi scorsi ha cominciato ad essere venduta legalmente.

«Non può essere esclusa la pericolosità della “cannabis light”»: questo è quanto afferma il Consiglio superiore di Sanità (Css) in un parere richiesto dal ministero della Salute sul tema, in riferimento ai «prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa» – venduti nei cosiddetti «canapa shop» diffusisi negli ultimi mesi anche in Bergamasca, in città e a Treviglio – ma dei quali «non può essere esclusa la pericolosità».

Il Css mette in guardia rispetto a un possibile uso di tali prodotti, avvertendo che «non può essere esclusa la pericolosità» della cosiddetta cannabis o marijuana light. Per questo «raccomanda che siano attivate nell’interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita».

I rischi per la salute, spiega il Css, riguardano il principio attivo dei cannabinoidi: “La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili”.

Da quanto si apprende, il ministero della Salute è già stato informato di questo parere e ha chiesto anche l’opinione dell’Avvocatura dello Stato.

Sul caso è intervenuto anche l’attuale titolare del dicastero, la pentastellata Giulia Grillo: “Seguo con grande attenzione la questione della commercializzazione della cosiddetta ‘cannabis light’. Il precedente ministro della Salute il 19 febbraio scorso ha chiesto un parere interno al Consiglio superiore di sanità sulla eventuale pericolosità per la salute di questa sostanza. Non appena riceverò le indicazioni dell’Avvocatura – conclude – assumerò le decisioni necessarie, d’intesa con gli altri ministri”.

Ad avvalorare questa tesi anche l’opinione dello scienziato e farmacologo Silvio Garattini, in forze all’Istituto Mario Negri di Milano da oltre 50 anni, che non ha dubbi: l’uso della cannabis light, anche con un range di principio psicoattivo di Thc tra lo 0,2 e lo 0,6%, “può causare danni al cervello ancora in crescita dei giovani e alle donne in gravidanza”.

Inoltre, assicura Garattini: “Esistono studi che dimostrano come chi ha fumato spinelli quando era teeen ager, quindici anni dopo ha un’incidenza superiore di malattie mentali”.

Ma cosa significherebbe bloccare ora un commercio del genere, in piena espansione?

Per il Codacons questi punti vendita sono oramai “oltre mille”. Ma aumentano, a ritmo sostenuto, come aumentano i loro affari, con la stessa velocità che qualche anno fa toccò ai negozi di sigarette elettroniche.

Secondo Coldiretti il giro d’affari dei soli produttori di canapa in Italia è arrivato in pochi mesi da zero a 40 milioni di euro l’anno nel 2017. Gli ettari sono passati dai 400 del 2013 ai 4 mila.

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