Oltre un secolo è trascorso dalla catastrofe del Titanic, un evento che continua a generare grande fascino.
Un elemento di particolare interesse emerso dalle indagini sul sito del naufragio è l’assenza di resti umani. Nonostante le molteplici esplorazioni, inclusi i 33 viaggi effettuati dal regista di “Titanic”, James Cameron, non si sono trovati resti umani tra i detriti.
Cameron stesso, che ha passato più tempo a bordo del relitto rispetto al suo capitano originale, ha notato la presenza di oggetti personali come abiti e scarpe, indizi di vite spezzate ma senza rinvenimento di resti fisici.
Questo vuoto ha generato numerose teorie e speculazioni, ma esistono motivazioni scientifiche che spiegano tale fenomeno. I giubbotti di salvataggio dell’epoca, pur non essendo efficaci nel salvare le vite, hanno avuto un ruolo nel mantenere i corpi in superficie per un certo tempo dopo il disastro, prima che correnti marine e una tempesta li disperdessero.
L’ambiente marino profondo, inoltre, contribuisce alla degradazione dei resti. I tessuti molli sarebbero stati consumati da predatori e microrganismi marini, lasciando le ossa esposte.
Tuttavia, a quella profondità, la chimica dell’acqua accelera la dissoluzione del carbonato di calcio, elemento principale delle ossa, come spiegato dallo specialista di esplorazioni marine Robert Ballard.
Ciò significa che eventuali ossa sarebbero state assorbite dall’ambiente marino. Nonostante ciò, persiste la possibilità che in alcune aree del relitto, protette dalle correnti, possano essere rimasti dei resti.
Con il trascorrere del tempo, però, diventa sempre meno probabile il ritrovamento di resti umani identificabili.
