Disturbi mentali, oltre 600 mila gli accessi al PS

VEB

Nonostante se ne parli ancora troppo poco ed intorno a questo argomento ci sia ancora troppo riserbo, i disturbi mentali colpiscono centinaia di milioni di persone in ogni parte del mondo, e condizionano l’esistenza dei loro cari.

Secondo gli esperti una malattia mentale è un disturbo che altera in modo significativo il modo di pensare, il controllo della sfera emozionale e il comportamento di un individuo. Questa condizione spesso compromette la sua capacità di relazionarsi con gli altri e di gestire le responsabilità della vita.

I disturbi mentali possono manifestarsi a prescindere da sesso, età, cultura, razza, religione, grado di istruzione o livello economico, e non dipendono da debolezze personali o difetti del carattere.

Nel corso della vita una persona su quattro sarà affetta da un disturbo mentale: la depressione è la causa principale di invalidità a livello mondiale mentre la schizofrenia e i disturbi bipolari sono tra le patologie più gravi e invalidanti.

Queste malattie hanno in comune il fatto che le persone affette non riescono sempre a controllare bene i loro pensieri. I soggetti possono soffrire a causa di allucinazioni visive, uditive o a causa di altri sintomi: in questi momenti diventano “psicotici”. Qualche paziente può esibire emozioni “inappropriate”: rattristarsi o piangere o esprimere ilarità fuori luogo. Alcune persone sembrano inespressive e non mostrano alcuna emozione. Allo stesso tempo altri soggetti sembrano avere invece il pieno controllo delle loro capacità come se non fossero malati.

La malattia va e viene; alcune persone si ammalano in modo episodico, altri quasi perennemente. Altri soffrono a causa di un singolo episodio ed alcuni di più episodi nel corso degli anni; i rimanenti restano ammalati per tutta la loro vita.

Secondo l’OMS, la paura di incorrere nel pregiudizio legato a una malattia mentale induce molti che ne soffrono a non curarsi.

Eppure, sottoponendosi a terapie adeguate, chi ne soffre può essere curato e condurre una vita produttiva e soddisfacente.

In Italia, nel 2016 sono stati circa 600.000 coloro che si sono rivolti al PS, pari al 2,8% del numero totale di accessi al pronto soccorso.

Un problema, quello legato alla salute mentale, che sta assumendo sempre di più i contorni di una questione di sanità pubblica, come rivela l’ultimo Rapporto sulla salute mentale pubblicato dal ministero della Salute.

“Gli accessi al Pronto Soccorso per disturbi psichiatrici – spiega lo psichiatra Massimo Cozza, coordinatore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma 2, il più grande d’Italia con circa 1,3 milioni di abitanti – nel 2016 sono stati 575.416, pari al 2,8% del numero totale di accessi, in leggero calo rispetto al 2015 quando se ne totalizzarono 585.087. Va però segnalato che ben 274.363 sono gli accessi nel 2016 per sindromi nevrotiche e somatoformi (47,7%), che avrebbero potuto essere gestite a livello territoriale”.

Sindromi nevrotiche, stati d’ansia, crisi emotive, attacchi o stati di panico, disturbi del sonno di origine psicologica, dolori psicogeni e cefalea da tensione sono infatti tra i disturbi più diffusi, tra quelli psichiatrici, per gli accessi al Pronto soccorso.

Gli utenti sono di sesso femminile nel 54% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (66,9%). In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha nella classe 45-54 anni (25,1% nei maschi; 23,4% nelle femmine); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe > 75 anni (7,6% nei maschi e 12,4% nelle femmine).

Ma le persone con questi disturbi psichici, afferma Cozza, “in gran parte si dovrebbero rivolgere alla rete territoriale dei medici di medicina generale e delle Case della Salute, nei casi più gravi ai centri di salute mentale. Il dato dunque, seppure in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente, rappresenta un campanello d’allarme ed indica il bisogno di un potenziamento del territorio, che dovrebbe avere la capacità di offrire maggiori risposte tempestive evitando al cittadino di doversi recare al Pronto soccorso”.

Cozza, come riportato dall’Ansa, cita poi il Progetto Obiettivo Tutela della Salute Mentale 1998-2000, per il quale lo standard dovrebbe essere di almeno un operatore ogni 1500 abitanti. «Essendo pari a 60.656.000 la popolazione italiana al 2016, dovrebbero esserci 40.437 unità. Ne mancano 8.851, un numero ancora troppo alto», ha concluso Cozza.

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