È tutta italiana la fibra ottica che legge le profondità del cervello

VEB

Arriva dall’Italia la fibra ottica che legge le profondità del cervello.

A dire il vero non si tratta solo dell’Italia, ma anche degli States.

La fibra ottica è stata, infatti, realizzata in collaborazione dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Lecce e dall’Harvard Medical School di Boston.

Si tratta di una fibra piccolissima di forma conica che vanta un diametro di appena 500 nanometri.

Vale a dire una misura inferiore di 20 volte alla media di una cellula neuronale.

In questi casi le fibre ottiche non servono per navigare velocissimamente sulla rete Internet, ma a sondare il cervello, studiando le zone più recondite del medesimo e rilevando le varie attività e le funzioni.

La ricerca e l’invenzione sono considerate degne della massima attenzione, tanto che sono state pubblicate sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Neuroscience.

Proprio sulla rivista viene spiegato con dovizia di particolari che si tratta della scoperta di nuove strade che vanno in direzione della messa a punto di dispositivi con un livello minimo di invasività, grazie alle dimensioni ridottissime.

Tramite questi dispositivi sarà possibile diagnosticare e probabilmente anche curare, in certi casi, patologie neurodegenerative, ma anche disturbi di tipo psichiatrico e neurologico.

Ferruccio Pisanello, ricercatore dell’ITL di Lecce, spiega a proposito: “Il cervello è un organo opaco, e questo rende difficile esaminare le regioni profonde”.

“La fibra ottica che abbiamo sviluppato in collaborazione con i colleghi di Boston, nasce proprio per superare questo limite. Permette, infatti, di illuminare intere aree o punti precisi delle regioni profonde del cervello, senza bisogno di spostamenti meccanici”.

“Dal nostro punto di vista, il prossimo passo nello sviluppo di questa tecnologia sarà di riuscire non solo a controllare, ma anche a monitorare in tempo reale l’attivazione dei neuroni per arrivare a modularne e comprenderne ancor più a fondo il funzionamento”.

Ferruccio Pisanello si mostra cauto, ma al contempo anche ottimista.

Nei prossimi tempi l’optogenetica potrebbe dare dei risultati molto interessanti, e lui stima che ci vorranno almeno un altro paio di anni per arrivare ai primi obiettivi.

Al momento l’ptogenetica non è utilizzata sugli esseri umani, tuttavia ciò avverrà presumibilmente nei prossimi 5-10 anni.

Se tutto andrà come si pensa debba andare, in buona sostanza sarà possibile controllare l’attività dei neuroni attraverso la luce: sarà come illuminare alcune parti del cervello ancore oscure alla diagnostica.

Tutto questo senza danneggiare il cervello e senza modificazioni genetiche di sorta.

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