Un’attrazione capace di far morire i suoi passeggeri con il sorriso sulle labbra. Potrebbe sembrare la trama di un film distopico, ma è invece il cuore di un concetto artistico provocatorio e altamente discusso: la Euthanasia Coaster, una montagna russa pensata per accompagnare una persona nel suo ultimo viaggio—letteralmente.

Progettata nel 2010 dall’artista e ingegnere lituano Julijonas Urbonas, l’Euthanasia Coaster non è mai stata costruita, ma continua a generare fascino, dibattiti etici e discussioni in tutto il mondo. Ecco cosa sappiamo sul progetto che simula un’esperienza di morte volontaria tramite un brivido estremo.
Cos’è la Euthanasia Coaster e perché è stata ideata
Secondo le dichiarazioni dello stesso Urbonas, l’obiettivo era creare “un’esperienza letale, elegante e piena di euforia”. L’idea è nata durante il suo dottorato alla Royal College of Art di Londra, dove ha unito le sue competenze in ingegneria con una visione filosofica ed estetica del concetto di morte.
Il progetto consiste in una montagna russa alta circa 500 metri (1.600 piedi), capace di raggiungere una velocità superiore a 360 km/h (223 mph). Dopo una salita vertiginosa, il passeggero affronta sette loop sempre più stretti. Questi producono una forza gravitazionale costante di quasi 10 G, sufficiente—secondo Urbonas—per provocare ipossia cerebrale, perdita di coscienza e infine la morte.
Un ultimo viaggio tra euforia e perdita dei sensi
Urbonas ha più volte sottolineato che il suo progetto non è un incentivo al suicidio assistito, ma una riflessione sul tema dell’eutanasia nei contesti in cui è legale, come in Svizzera o nei Paesi Bassi. “La mia intenzione è rendere l’esperienza della morte volontaria più personale, rituale e significativa, invece che clinica e impersonale”, ha dichiarato in un’intervista.
Dal punto di vista fisiologico, la montagna russa causerebbe effetti simili a quelli sperimentati dai piloti di jet in situazioni estreme: tunnel vision, euforia da G-Force, svenimento e morte. Alcuni esperti, come quelli citati dalla BBC Future, confermano che forze G prolungate possono effettivamente causare perdita di coscienza irreversibile.
È solo un’idea artistica, ma potrebbe funzionare davvero?
Ad oggi, la Euthanasia Coaster rimane un concept esposto in musei e gallerie. Un modello in scala è stato presentato in diverse mostre d’arte contemporanea, come quella al Science Gallery di Dublino. Ma non esiste alcun piano concreto per trasformarla in realtà. Le barriere legali, etiche e tecniche sono enormi.
Una simulazione video pubblicata su YouTube dal canale “Great American Coasters” mostra in prima persona cosa proverebbe un passeggero: è un’esperienza spaventosa, che trasmette perfettamente il messaggio dell’artista.
Si può sopravvivere alla Euthanasia Coaster?
In teoria, sì. Il passeggero—che sarebbe l’unico a bordo—potrebbe decidere di interrompere il viaggio prima della discesa finale, grazie a un pulsante di “abbandono”. Urbonas ha anche raccontato che un ingegnere aeronautico gli ha suggerito un trucco per resistere alla forza G: indossare pantaloni anti-G, come quelli usati dagli astronauti e dai piloti di caccia.
Tuttavia, in condizioni normali e senza protezioni, l’attrazione sarebbe letale. E proprio questa sua ineluttabilità la rende tanto affascinante quanto controversa.
Un simbolo artistico del dibattito sull’eutanasia
Il progetto di Urbonas si inserisce nel più ampio dibattito sulla morte assistita, un tema che coinvolge legislazioni, etica medica e diritti civili. Secondo il World Population Review, l’eutanasia è legale in soli dieci paesi nel mondo, spesso con norme molto rigide.
Organizzazioni come Exit International, fondata dal medico Philip Nitschke, promuovono l’autonomia nel fine vita, anche attraverso strumenti tecnologici come la capsula Sarco, stampata in 3D e attivabile con il pensiero.
Conclusione
La Euthanasia Coaster non è una giostra reale, ma un esperimento mentale potente che interroga le nostre paure, i nostri valori e la nostra relazione con la morte. Julijonas Urbonas non ha costruito un’attrazione, ma un simbolo. Che piaccia o meno, ci costringe a porci una domanda profonda: e se la fine della vita potesse essere un’esperienza tanto intensa quanto la vita stessa?
Fonti autorevoli:
- BBC Future – www.bbc.com/future
- World Population Review – www.worldpopulationreview.com
- Exit International – www.exitinternational.net
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