Fecondazione in vitro, 8 milioni i bambini nati negli ultimi 40 anni

VEB

A tantissimi il suo nome non dirà nulla, eppure la sua nascita è legata imprescindibilmente ad uno dei progressi più importanti e rivoluzionari della scienza medica, e questo le garantirà per sempre un posto nella storia della medicina moderna.

Eppure non è un luminare né un esperto di fama mondiale: Louise Brown è “semplicemente” il primo neonato concepito attraverso la fecondazione artificiale.

In una stanza dell’ospedale di Oldham, nel Nord dell’Inghilterra, nasce il 25 luglio 1978 Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta.

Il video di quell’evento è passato alla storia: la paziente viene preparata, il chirurgo incide il suo ventre e ne estrae la piccola Louise. Quando le viene reciso il cordone, la bambina spalanca la bocca, respira profondamente ed emette il primo potente vagito.

Ci vollero però oltre un decennio di sperimentazioni per arrivare all’ambito traguardo: era infatti il 1968 quando il medico e ricercatore dell’Università di Cambridge Robert Edwards riuscì per la prima volta a fecondare un ovulo umano al di fuori del corpo di una donna, unendolo a uno spermatozoo in provetta. Nel 1965 entrò a far parte del la Società eugenetica britannica che gli permise di portare avanti le sue teorie e dopo tre anni cominciò a collaborare con il ginecologo Patrick Steptoe. Fu sicuramente un incontro importante che gettò nuove basi alla cura dell’infertilità.

Nel 1977 la coppia Lesley e John Brown dopo nove anni di infruttuosi tentativi cercando una gravidanza, si presentarono nello studio del dottor Steptoe allora ginecologo nell’Oldham.

La donna accettò subito l’inseminazione in vitro che le fu proposta: la gravidanza procedé bene fino alla 34sima settimana quando Lesley fu ricoverata. Il peso del feto era indietro rispetto all’epoca gestazionale e la pressione arteriosa della donna aveva raggiunto livelli elevati.

Per fortuna tutto si concluse come sappiamo: alle 23,30 del 25 luglio 1978 Lesley entrò in sala operatoria. Alle 23.47 il primo vagita di Louise riempì la sala operatoria. Una bambina perfetta.

Soprattutto negli anni successivi, le ricerche di Edwards e del ginecologo Steptoe scatenarono numerose polemiche, in seno alla comunità scientifica e alla chiesa cristiana, ma oggi è proprio per merito di quelle ricerche che milioni di bambini sono riusciti a vedere la luce.

Nello specifico, sono oltre 8 milioni nel mondo i bimbi che hanno visto la luce grazie alla fecondazione medicalmente assistita.

Questo il dato aggiornato presentato durante il 34esimo congresso della Società europea di riproduzione umana ed embriologia a Barcellona. La stima “evidenzia un forte aumento della tecnica della fecondazione in vitro per il trattamento dell’infertilità”.

Oltre mezzo milione di bambini nascano ogni anno da queste tecniche come risultato di più di due milioni di cicli di trattamenti effettuati.

In Europa il paese che ne effettua di più è la Spagna dove nel solo 2015 sono stati effettuati ben 119875 cicli, segue la Russia e dietro Germania e Francia.

Nello stesso anno in tutto il mondo sono stati effettuati 800mila cicli di pma e sono oltre 150mila i bambini nati dalla fecondazione assistita.

In Italia si parla di un fenomeno “considerevolmente minore”.

Christian de Geyter, presidente dell’Ivf Monitoring Consortium dell’Eshre ha fatto quindi notare come la disponibilità dei trattamenti di riproduzione assistita rimanga molto frammentaria in Europa: uno studio ha calcolato che la necessità globale di trattamenti avanzati per la fertilità è di circa 1.500 cicli per milione di abitanti l’anno.

In Italia, la procreazione medicalmente assistita è regolamentata dalla legge 40 del 2004, mentre la fecondazione assistita eterologa è diventata legale solo nel 2014 grazie alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto all’eterologa nei casi di infertilità assoluta.

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