I racconti sui Giganti della Patagonia rappresentano uno degli episodi più affascinanti e persistenti della storia delle esplorazioni. Nati dalle prime spedizioni europee nel Sud America, in una terra all’epoca quasi mitologica, questi resoconti hanno alimentato la fantasia per secoli, trasformando un popolo autoctono in figure titaniche.
La narrazione prende il via con il viaggio di Ferdinando Magellano e il suo equipaggio nel 1520. Il cronista veneziano Antonio Pigafetta, che documentò meticolosamente la circumnavigazione, fu il primo a riportare l’incontro, avvenuto sulla costa orientale della Patagonia, forse nei pressi dell’attuale Puerto San Julián. Pigafetta descrive un uomo “di statura gigantesca” sulla spiaggia, che ballava, cantava e si gettava polvere sul capo. Secondo il veneziano, il nativo era così alto che arrivava a malapena alla vita dei marinai europei.

Il nome “Patagonia”: un’eredità del mito
L’etimologia stessa della regione, Patagonia, viene spesso ricondotta proprio a questo incontro. Pigafetta riporta che Magellano chiamò il popolo “Patagão”, sebbene il significato esatto non sia universalmente accettato. Una teoria popolare suggerisce che derivi da pata (zampa o piede) e il suffisso accrescitivo, significando “piedoni” o “grandi piedi”, riferendosi alle grandi impronte lasciate sulla sabbia, probabilmente amplificate dalle pesanti pelli animali che gli indigeni usavano per ripararsi dal freddo. Un’altra ipotesi collega il nome a un mostro, “Patagón,” proveniente da un popolare romanzo cavalleresco spagnolo dell’epoca, Primaleón, che Magellano avrebbe letto.
- Una sorta di portale temporale avvistato in Patagonia
- Sole inferiore, fenomeno che per molti è un portale temporale
I marinai europei del XVI secolo, la cui altezza media si aggirava intorno ai 1,60-1,65 metri, si trovarono di fronte a indigeni alti e robusti. I “giganti” erano con ogni probabilità i Tehuelche, o Aonikenk, popolazioni nomadi della Patagonia, noti per la loro statura. Studi antropologici successivi hanno confermato che i Tehuelche maschi erano effettivamente un popolo alto, con un’altezza media che poteva raggiungere e talvolta superare l’1,80 metro, un’altezza notevole per gli standard europei di quel tempo.
I rapporti si moltiplicano, le misure si esagerano
Il racconto di Pigafetta non fu l’unico. Per i successivi tre secoli, i giganti patagonici sono stati una presenza fissa nei diari di bordo e nelle mappe europee, spesso con descrizioni sempre più esagerate:
- Sir Francis Drake (1578): Il cappellano della sua spedizione, Francis Fletcher, riportò di aver incontrato nativi alti circa 2,30 metri (sette piedi e mezzo), un ridimensionamento rispetto alle prime stime di Magellano, ma pur sempre molto elevato.
- Sebald de Weert (1599): Il navigatore olandese riportò di aver visto nativi alti tra i 3 e i 3,3 metri (dieci o undici piedi), elevando nuovamente il mito a livelli incredibili.
- John Byron (1764): Il commodoro britannico John Byron, nonno del poeta Lord Byron, sostenne di aver incontrato persone alte tra i 2,5 e i 2,8 metri (otto o nove piedi), riportando che i suoi uomini si sentivano nani al loro cospetto. Questa fu una delle ultime “conferme” di grandi proporzioni a circolare in Europa, rinfocolando il dibattito.
Ogni nuovo resoconto era condizionato dal precedente, in un meccanismo di auto-conferma e amplificazione del mito da parte degli esploratori, spesso desiderosi di raccontare storie sensazionali al rientro. La verità scientifica arrivò solo quando spedizioni con obiettivi più scientifici, anziché mitologici, presero il largo.
Il ridimensionamento scientifico
La fine del mito dei giganti, perlomeno nella comunità scientifica, si ebbe verso la fine del XVIII secolo. Louis Antoine de Bougainville (1767) e Antonio de Viedma (1780) fornirono misurazioni più accurate. Bougainville, navigatore francese, misurò gli indigeni e riportò un’altezza media compresa tra 1,80 e 1,90 metri. Viedma, un esploratore spagnolo, li stimò intorno agli 1,85-2 metri. Queste misurazioni, pur confermando che i Tehuelche erano eccezionalmente alti per l’epoca, ridussero drasticamente le cifre a proporzioni umane e naturali, demolendo l’idea di giganti di tre o quattro metri.
Nonostante il ridimensionamento, il mito è rimasto vivo. Molti ricercatori hanno studiato l’origine della figura, concludendo che il “gigantismo” fosse una combinazione di fattori:
- Comparazione di Statura: L’elevata altezza dei Tehuelche rispetto ai marinai europei, bassi per gli standard moderni.
- Abbigliamento: Gli indigeni indossavano pesanti mantelli di pelle e calzature imbottite (i cui grandi piedi diedero forse il nome “Patagonia”), che ne aumentavano otticamente la massa.
- Illusione Ottica e Suggestione: La suggestione di trovarsi in una terra misteriosa e sconosciuta, dove “tutto è più grande”, giocava un ruolo chiave.
E gli scheletri dei giganti?
La ricerca di prove archeologiche che potessero confermare l’esistenza di esseri umani di 3-4 metri in Patagonia è stata vana. Non ci sono prove archeologiche affidabili di scheletri umani che superino in modo significativo le altezze massime registrate nel XIX e XX secolo. Alcuni reperti ossei citati nei vecchi diari, che parlavano di ossa gigantesche, si sono rivelati spesso restos di animali preistorici.
Non a caso, la Patagonia è una terra fertile per i giganti di un altro tipo: i dinosauri. Recenti scoperte come il Patagotitan Mayorum, uno dei più grandi dinosauri mai scoperti (lungo circa 37 metri e pesante quasi 60 tonnellate, come riportato dal Museo Paleontológico Egidio Feruglio), dimostrano che la regione è stata effettivamente casa di veri e propri giganti in ere remote. È possibile che il ritrovamento di ossa di megafauna da parte degli indigeni, e la loro eventuale errata interpretazione da parte dei primi esploratori, abbia contribuito alla persistenza di racconti sensazionali.
La storia dei giganti della Patagonia ci lascia una preziosa lezione: le osservazioni storiche devono essere sempre filtrate attraverso il contesto culturale, le esagerazioni dei viaggiatori e la scienza. La realtà ci consegna i Tehuelche, un popolo imponente e fiero, la cui statura era ben al di sopra della media europea dell’epoca, sufficiente a innescare un mito globale.
Domande Frequenti (FAQ)
1. Chi erano i “Giganti della Patagonia” menzionati da Magellano?
Si trattava probabilmente dei Tehuelche (Aonikenk), un popolo nomade indigeno della Patagonia. I maschi Tehuelche avevano un’altezza media che poteva raggiungere e talvolta superare l’1,80 – 1,85 metri. Sebbene non fossero “giganti” come descritto (3-4 metri), erano sensibilmente più alti dell’altezza media dei marinai europei del XVI secolo (circa 1,60 metri), il che portò all’esagerazione nei resoconti.
2. Perché i marinai europei esagerarono l’altezza dei nativi?
L’esagerazione era dovuta a una combinazione di fattori. La differenza di altezza era già significativa. A ciò si aggiungeva l’abbigliamento dei Tehuelche, che indossavano spessi mantelli di pelle e calzature voluminose, che aumentavano otticamente la loro massa e altezza. Inoltre, il desiderio di riportare storie sensazionali da terre inesplorate contribuì a moltiplicare le cifre nei diari di bordo successivi.
3. Esistono prove archeologiche dell’esistenza di giganti umani in Patagonia?
Non esistono prove archeologiche credibili che dimostrino l’esistenza di una razza umana in Patagonia con un’altezza media di 3-4 metri, come riportato in alcune storie. Gli scheletri umani scoperti sono in linea con l’altezza media elevata, ma naturale, dei Tehuelche storici. Il mito è stato definitivamente ridimensionato da misurazioni più accurate effettuate da esploratori scientifici nel tardo XVIII secolo.
4. Il nome “Patagonia” è davvero legato ai giganti?
L’ipotesi più popolare, basata sul resoconto di Pigafetta, è che Magellano abbia chiamato il popolo e, per estensione, la terra, “Patagão” o “Patagón”, che significa “piedone”. Questo farebbe riferimento alle grandi impronte lasciate dai nativi, presumibilmente amplificate dalle loro calzature avvolte in pelli. Il nome è quindi un’eredità diretta dell’incontro, esagerato, con questi indigeni.
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