Klebsiella Pneumoniae gli scienziati lavorano ad un test diagnostico

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La Klebsiella pneumoniae non è sempre pericolosa ma nel momento in cui viene fuori dal suo habitat nell’intestino, il batterio può causare una serie infinita di problemi, non ultimo la fascite necrotizzante, capace di uccidere una persona perfettamente sana in pochi giorni. Come se ciò non bastasse, c’è una tensione a cui dobbiamo davvero prestare attenzione.

Di solito K. pneumoniae è definito come un batterio intestinale che fluttua pigramente all’interno del tratto digestivo umano, che occasionalmente si manifesta nella bocca o sulla pelle, non è raro per quanto riguarda i batteri conosciuti, si manifesta tipicamente come un’infezione ospedaliera comune in persone che stanno già subendo un attacco al proprio sistema immunitario.

In passato una varietà piuttosto aggressiva del batterio è stata rilevata a Taiwan  negli anni ’80  in quel caso provocando ascessi cerebrali e epatici e fascite necrotizzante. Sfortunatamente il ceppo ipervirulento di K. pneumoniae  (hvKp) difficilmente viene rivelato da una diagnosi precoce. Fino ad ora non c’è una diagnosi che può assicurare che K. pneumoniae è un ceppo di hvKp truccato sotto mentite spoglie, almeno fino a quando il danno non è ormai fatto.

I ricercatori stanno infatti lavorando su un punto fondamentale; un test per i marcatori chimici che possono distinguere le due differenti tipologie. Thomas Russo che è a capo della Divisione delle Malattie Infettive dell’Università di Buffalo, insieme a ricercatori di tutto il mondo, ha trovato alcune informazioni sepolte nel DNA di hvKp che potrebbero essere utilizzate per identificarlo in modo affidabile.

Tale ricerca sembra davvero essere basata su concetti reali ma è solo il primo passo nel processo. “Attualmente, non esiste un test disponibile in commercio per distinguere con precisione i ceppi classici e ipervirulenti“, afferma Thomas Russo che poi rivela: “Questa ricerca fornisce una chiara tabella di marcia su come un’azienda può sviluppare un test per l’uso nei laboratori clinici.”

Al momento è già abbastanza grave che l’Organizzazione Mondiale della Sanità consideri una priorità assoluta lo sviluppo di un antibiotico che lo manterrà sotto controllo, finora il ceppo MDR ha mantenuto un profilo relativamente basso, ma la sua prevalenza è in aumento e le organizzazioni sanitarie sono in allerta.

Se hvKp dovesse evolversi ed imparare a resistere agli antibiotici di ultima generazione, a quel punto davvero si prospetterebbero tempi duri, ecco perchè avere un test per distinguere il ceppo ipervirulento sarebbe chiaramente una vittoria per la cura del paziente. Ma il quadro generale prevederebbe di fornire tale test agli epidemiologi in modo che possano tracciare la sua diffusione mentre si insinua in tutto il mondo e mantenere un occhio vigile sulla resistenza del batterio.

Sullo sviluppo però del virus ci sono state novità: “Quest’ultimo meccanismo è ciò che ha causato la morte di cinque pazienti nel reparto di terapia intensiva di un ospedale di Hangzhou, in Cina, che è stato segnalato all’inizio di quest’anno“, conferma Russo. C’è molto da imparare sul ceppo ipervirulento, più casi sono stati segnalati nei paesi asiatici rispetto ad altre zone, ma non è chiaro se sia perché è dilagante.

Le prossime ricerche potrebbero fornire maggiori informazioni, specialmente con un test sul modo in cui sarà facile rivelare la tipologia di hvKp. La ricerca è stata pubblicata nel Journal of Clinical Microbiology.

fonte@Sciencealert.com

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