La vera origine del denaro, rivelata da un archeologo

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L’origine del denaro è un tema che da oltre un secolo affascina storici, economisti e archeologi. L’archeologo Michael Fauvel ha recentemente proposto una nuova ipotesi – definita “teoria commerciale del denaro” – che si distacca dalle spiegazioni più tradizionali, fornendo un punto di vista inedito sulle ragioni che spinsero le prime società umane a introdurre forme di moneta.

La vera origine del denaro rivelata da un archeologo

La nascita del denaro per facilitare il commercio a lunga distanza

Finora, due filoni di ricerca hanno dominato la discussione sull’origine del denaro:

  1. La tesi secondo cui il denaro sarebbe nato per superare le inefficienze del baratto.
  2. L’idea che sia stato lo Stato a imporre unità di misura e conti monetari.

Fauvel, nel suo studio pubblicato sul Journal of Archaeological Method and Theory, propone una sintesi di entrambe le correnti. Secondo la sua teoria, la moneta è emersa principalmente per facilitare il commercio a lunga distanza, soprattutto quando diversi gruppi iniziarono a varcare confini culturali e linguistici. In questi contesti, il bisogno di uno strumento riconosciuto da tutti si fece pressante, portando gradualmente alla creazione di forme di valuta condivise.


Conchiglie e lingotti di bronzo: esempi di denaro prima degli Stati

Per sostenere la propria tesi, Fauvel cita due casi emblematici:

  • Le perle di conchiglia nell’America settentrionale occidentale precolombiana
  • I lingotti di bronzo nell’Europa occidentale

In entrambe le regioni si svilupparono rotte commerciali che superavano barriere linguistiche, favorendo l’uso di un mezzo di scambio accettato da più popolazioni. Le conchiglie, in particolare, acquisirono un’importanza sociale che andava oltre il semplice valore economico, assumendo anche ruoli rituali e cerimoniali. Questo dimostra come il denaro, sin dalle prime forme, potesse anche ricoprire funzioni simboliche ed esprimere identità culturali.


Superare il “mito del baratto” e rivedere le teorie tradizionali

Secondo Fauvel, parlare di una società originaria basata esclusivamente sul baratto è una semplificazione. Le sue ricerche evidenziano come, in diverse culture, la moneta sia nata ben prima della formazione di strutture statali consolidate, mettendo in discussione le teorie che attribuiscono allo Stato il ruolo primario nel coniare moneta e regolarne l’uso.

Questa prospettiva combina elementi della teoria del “denaro come merce” e del cartalismo, sottolineando che il denaro potrebbe essere stato inizialmente una merce apprezzata per il suo valore intrinseco, per poi diventare effettivamente “moneta” nel momento in cui ha iniziato a fungere da unità di conto e mezzo di scambio riconosciuto.


Riflessioni sul presente e scenari futuri

Un altro spunto interessante offerto da Fauvel riguarda il parallelo con le valute digitali, che stanno spingendo le società moderne a ripensare la natura stessa del denaro. Se in passato la necessità di superare barriere culturali e linguistiche stimolò l’adozione di monete condivise, oggi l’innovazione tecnologica pone nuove domande su cosa sia il denaro e quale ruolo possa svolgere al di fuori dei confini statali tradizionali.


Conclusioni: uno sguardo globale e multidisciplinare

L’archeologo conclude evidenziando che i fattori che determinarono l’emergere del denaro furono probabilmente molteplici e, in alcuni casi, gli Stati avrebbero potuto assumere un ruolo di controllo. Tuttavia, la “teoria commerciale del denaro” offre una chiave di lettura che risulta particolarmente efficace per spiegare i casi di società precoloniali prive di strutture statali ben definite.

Fauvel auspica che future ricerche possano confermare meccanismi simili in altre aree del pianeta, come l’antica Mesoamerica o le isole del Pacifico, ampliando la nostra comprensione sull’evoluzione del denaro e, in definitiva, sulla storia delle relazioni economiche e culturali fra popoli distanti.

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