Una delle leggende metropolitane più longeve e affascinanti della storia della musica moderna è senza dubbio quella conosciuta come “Paul is Dead” (PID). Secondo questa teoria, Paul McCartney sarebbe morto in un incidente stradale nel novembre del 1966 e sostituito da un sosia di nome William “Billy” Shears Campbell per non fermare il successo planetario dei Beatles. I restanti membri della band, consumati dal senso di colpa, avrebbero disseminato i loro album successivi di indizi, messaggi subliminali e simbolismi per rivelare la tragica verità ai fan più attenti.
Questa surreale narrazione prese piede nell’autunno del 1969, alimentata da una serie di trasmissioni radiofoniche americane e articoli studenteschi che analizzavano meticolosamente testi, suoni e copertine degli album dei Fab Four. Sebbene sia stata più volte smentita, la leggenda persiste, un intrigante gioco di specchi che mescola realtà, suggestione e il genio creativo di una band che ha cambiato il mondo.

Messaggi dall’Aldilà: Le Voci al Contrario
Una delle colonne portanti della teoria PID si basa sull’ascolto al contrario (backmasking) di alcune tracce dei Beatles. Molti fan giurano di aver sentito frasi inequivocabili una volta invertito il senso di rotazione del vinile.
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L’esempio più celebre si trova nel brano sperimentale “Revolution 9” dal White Album (1968). La ripetizione ossessiva della frase “Number nine” (Numero nove), se riprodotta al contrario, suonerebbe come “Turn me on, dead man” (Eccitami, uomo morto). Sempre nello stesso album, alla fine della canzone “I’m So Tired”, un borbottio apparentemente senza senso di John Lennon diventerebbe, in reverse, “Paul is a dead man, miss him, miss him, miss him” (Paul è un uomo morto, mi manca, mi manca, mi manca).
Un altro indizio audio che ha alimentato per anni le discussioni dei fan si trova alla fine di “Strawberry Fields Forever”. Molti sono convinti che Lennon sussurri la frase “I buried Paul” (Ho sepolto Paul). John Lennon, in un’intervista del 1980 per Playboy, smentì la cosa, affermando di aver detto “Cranberry sauce” (salsa di mirtilli). Eppure, il dubbio è rimasto.
Indizi tra le Righe: I Testi e le Copertine
Oltre ai messaggi nascosti, i sostenitori della teoria hanno individuato innumerevoli indizi nei testi e, soprattutto, nelle iconiche copertine degli album.
L’artwork di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967) è considerato il manifesto della presunta messinscena. La copertina, che raffigura una folla di personaggi celebri radunati attorno ai Beatles in uniformi colorate, viene interpretata come una scena funebre. I fiori in primo piano comporrebbero la forma di un basso per mancini (lo strumento di Paul) e la scritta “PAUL?”. Sulla retrocopertina, Paul è l’unico dei quattro a essere ritratto di spalle, un gesto di allontanamento. Inoltre, sulla sua uniforme, una toppa con le lettere “O.P.D.” è stata letta come l’acronimo di “Officially Pronounced Dead” (Dichiarato Ufficialmente Morto), anche se in realtà si tratta dello stemma della Ontario Provincial Police.
Anche il testo di “A Day in the Life”, dallo stesso album, conterrebbe riferimenti espliciti. Il verso “He blew his mind out in a car” (Si è fatto saltare le cervella in un’auto) sarebbe una descrizione poetica del fatale incidente di McCartney.
Ma è la copertina di Abbey Road (1969) a essere considerata la prova definitiva. L’immagine dei quattro Beatles che attraversano le strisce pedonali è stata analizzata come una processione funebre.
- John Lennon, vestito di bianco, rappresenterebbe il sacerdote.
- Ringo Starr, in abito nero, sarebbe l’impresario delle pompe funebri.
- Paul McCartney, scalzo (in molte culture i morti vengono sepolti senza scarpe), con gli occhi chiusi e fuori passo rispetto agli altri, sarebbe il cadavere.
- George Harrison, in jeans, il becchino.
Sullo sfondo, una Volkswagen Maggiolino con la targa “LMW 28IF” è stata interpretata come “Linda McCartney Weeps” (Linda McCartney piange) e “28 IF” (28 anni SE fosse vivo), l’età che Paul avrebbe avuto se fosse sopravvissuto al momento dell’uscita del disco (in realtà ne aveva 27, ma i teorici più accaniti considerano anche i mesi).
Nonostante le smentite ufficiali e la carriera sfavillante di Paul McCartney nei decenni successivi, la leggenda della sua morte continua a vivere, testimonianza del profondo impatto culturale dei Beatles e della capacità umana di trovare significati nascosti anche dove, forse, non ce ne sono.
FAQ – La Leggenda della Morte di Paul McCartney
Come è nata la leggenda della morte di Paul McCartney? La leggenda, nota come “Paul is Dead”, è emersa nell’autunno del 1969. Fu alimentata da una telefonata a una radio di Detroit e da un articolo sul giornale studentesco della Drake University. Questi eventi scatenarono una caccia agli indizi a livello mondiale tra i fan dei Beatles.
Qual è l’indizio più famoso sulla copertina di un album? L’indizio più iconico è senza dubbio la copertina di Abbey Road. L’immagine viene interpretata come una processione funebre, con John come sacerdote, Ringo come impresario, Paul come il defunto (scalzo e fuori passo) e George come il becchino, consolidando la narrazione della sua morte prematura.
Cosa dicono i messaggi al contrario nelle canzoni? I presunti messaggi udibili ascoltando al contrario le canzoni sono un pilastro della teoria. I più noti sono “Turn me on, dead man” in “Revolution 9” e “Paul is a dead man, miss him, miss him” alla fine di “I’m So Tired”, entrambi dal White Album.
Come ha reagito Paul McCartney a queste voci? Inizialmente, McCartney si ritirò dalla vita pubblica, alimentando involontariamente i pettegolezzi. Successivamente, rilasciò un’intervista alla rivista Life nel novembre 1969, intitolata “Paul is still with us” (Paul è ancora con noi), smentendo categoricamente la sua morte e definendo la leggenda “un sacco di sciocchezze”.
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