Medici di famiglia, in futuro non basteranno per tutti gli assistiti

VEB

Il medico di famiglia, noto anche come medico di base, è in Italia un medico che, nell’ambito del servizio sanitario nazionale, costituisce l’ufficiale sanitario di primo livello, ovvero che presta il primo livello di assistenza sul territorio.

I medici di famiglia/assistenza primaria sono medici di fiducia del singolo individuo, quindi principalmente responsabili dell’erogazione di cure integrate e continuative ad ogni singola persona, indipendentemente dal sesso, dall’età e dal tipo di patologia.

Essi curano gli individui nel contesto della loro famiglia, della loro comunità e cultura, rispettando sempre l’autonomia dei propri pazienti. Quando negoziano piani di gestione con i pazienti integrano i fattori fisici, psicologici, sociali, culturali ed esistenziali, servendosi della conoscenza e della fiducia maturata nel corso di contatti ripetuti.

L’attività principale viene svolta presso lo studio medico, ove si possono effettuare le visite ambulatoriali. Lo studio è di norma aperto cinque giorni la settimana, strutturati tra mattina e pomeriggio; gli orari affissi devono tener conto del numero totale degli assistiti.

Il medico di famiglia è scelto da ciascun cittadino, tra i medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale. La scelta può essere fatta nell’ambito del comune di residenza ovvero nel domicilio sanitario, cioè in un luogo differente nel quale l’assistito dichiara di permanere per più di tre mesi l’anno, per motivi di studio, lavoro, salute oppure per assistenza a malati.

Medici di famiglia, in futuro non basteranno per tutti gli assistiti

Medici di famiglia in futuro non basteranno per tutti gli assistiti

Per quanto riguarda il numero di assistiti di ciascun medico di base, mille assistiti per ciascun medico di medicina generale è il rapporto considerato “ottimale”. Il numero massimo («massimale») di pazienti è di fatto 1500, anche se, in virtù di un diritto acquisito per vecchi accordi nazionali, alcuni medici hanno in carico anche 1800 pazienti. La media nazionale è comunque di un medico ogni 1150 assistiti.

Numeri però che devono fare i conti con l’attuale realtà: tra penuria di nuovi medici e i massicci pensionamenti dei prossimi anni, la media è destinata ad alzarsi vertiginosamente.

Secondo le stime della Federazione medici di medicina generale (Fimmg) e del sindacato dei medici dirigenti Anaao tra cinque anni ben 45mila, tra medici di base e quelli ospedalieri, andranno in pensione. Quadro ancora più fosco quello delineato tra dieci anni quando lasceranno studi e corsie 33.392 medici di base e 47.284 medici ospedalieri, per un totale di 80.676.

Visti i numeri, secondo il segretario nazionale della Fimmg, Silvestro Scotti, nei prossimi 5-8 anni, ben 14 milioni di italiani potrebbero rimanere senza medico di famiglia. Per la precisione, l’anno nero delle uscite sarà il 2022 dove si eclisseranno 3.902 camici bianchi e le regioni più colpite saranno Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania.

Il dato grave, rilevano le organizzazioni sindacali, è anche un altro: le uscite stimate per effetto dei pensionamenti non saranno comunque bilanciate dalle presumibili nuove assunzioni. Per i medici di base, infatti, le borse per il corso di formazione in medicina generale messe a disposizione sono oggi circa 1.100 l’anno e se il numero rimarrà costante, afferma la Fimmg, ad essere “rimpiazzati”, al 2028, saranno non più di 11mila medici, mantenendo un saldo in negativo a quella data di oltre 22mila unità.

Inoltre, come spiega il vicesegretario nazionale Anaao Carlo Palermo, “non sappiamo quando saranno banditi i concorsi da parte delle regioni e per quali numeri, e dall’altro va ricordato che in varie regioni è ancora in atto il blocco del turn-over parziale o totale”.

In sostanza, evidenzia Palermo, “l’attuale sistema delle scuole di specializzazione in medicina non garantirà un numero sufficiente di specialisti per il prossimo futuro: oggi, infatti, i posti resi disponibili per le scuole di specializzazione sono complessivamente circa 6.500 l’anno, ma secondo le nostre stime ne sarebbero necessari almeno 8.500. A mancare nelle corsie – conclude – saranno a breve soprattutto pediatri, chirurghi, ginecologi e cardiologi”.

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