Nel dibattito globale sulle risorse strategiche, si parla spesso di petrolio, gas o metalli rari. Tuttavia, c’è una risorsa fondamentale, cruciale per la vita e per il progresso tecnologico, che domina in silenzio il commercio globale: l’acqua. Secondo recenti analisi riportate dal World Economic Forum, il commercio di acqua virtuale — ovvero la quantità di acqua utilizzata nella produzione di beni e servizi — supera quello del petrolio con un rapporto stimato di 400 a 1. Un dato sorprendente, che pone l’acqua al centro della trasformazione digitale e della corsa globale all’intelligenza artificiale.

AI e semiconduttori: il lato nascosto dell’innovazione
L’acqua è diventata una colonna portante dell’economia digitale, specialmente nella produzione di microchip, cuore pulsante di ogni dispositivo tecnologico. Come spiegato da Bloomberg, una singola fabbrica di semiconduttori può consumare ogni giorno milioni di litri d’acqua, equivalenti all’approvvigionamento giornaliero di una città da 50.000 abitanti. Questo perché il processo produttivo richiede un uso massiccio di acqua ultrapura, impiegata per pulire e raffreddare i delicati componenti elettronici.
Con l’esplosione dei modelli di intelligenza artificiale generativa e la necessità di chip sempre più potenti, la domanda idrica dell’industria tech è destinata ad aumentare. Secondo Nature, la richiesta globale di risorse idriche legate ai data center e ai chip crescerà esponenzialmente nei prossimi cinque anni.
Data center: i nuovi “idrovori” digitali
Anche i data center, le centrali digitali dove vengono elaborati e archiviati i nostri dati, hanno un impatto ambientale significativo. Uno studio di ING Research ha rilevato che il consumo idrico di questi impianti è passato da 738 a oltre 840 milioni di litri annui tra il 2015 e il 2021. Negli Stati Uniti, un singolo data center può arrivare a utilizzare 1,1 milioni di litri d’acqua al giorno — quanto basta per soddisfare le esigenze idriche quotidiane di 100.000 famiglie.
A preoccupare è anche la localizzazione di questi impianti: Microsoft e Google, ad esempio, attingono una parte rilevante della loro acqua da aree soggette a stress idrico, come evidenziato dal World Resources Institute. Nel 2022, circa il 23% dell’acqua usata da Microsoft e il 18% da Google provenivano da regioni già in crisi idrica, tra cui paesi come Bahrein, Libano, Oman e Kuwait.
Una sfida ambientale e geopolitica globale
Le tensioni per l’acqua si acuiscono soprattutto in aree già fragili, come il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Asia meridionale, dove si combatte una vera e propria battaglia tra usi agricoli, civili e industriali. L’espansione dell’industria tech in queste regioni rischia di aggravare ulteriormente la carenza idrica, alimentando tensioni sociali e conflitti per l’accesso alle risorse.
Innovazione e investimenti per un uso idrico sostenibile
Nonostante lo scenario critico, si intravedono segnali positivi. Il settore dell’acqua ultrapura e della filtrazione avanzata sta registrando un forte sviluppo, così come le tecnologie di desalinizzazione, cruciali nelle regioni desertiche. Secondo la Banca Mondiale, gli investimenti necessari per migliorare le infrastrutture idriche globali potrebbero superare i 180 miliardi di dollari, mentre quelli nelle fabbriche di chip hanno già raggiunto quota 2,27 miliardi (fonte: DNB Asset Management).
Grandi aziende stanno cercando di migliorare la propria impronta idrica. Microsoft si è impegnata a diventare water positive entro il 2030, ovvero a restituire più acqua di quanta ne consuma. Google, invece, ha dichiarato di aver già recuperato il 6% dell’acqua dolce impiegata nelle sue operazioni nel 2022.
Mancanza di trasparenza e urgenza d’azione
Tuttavia, secondo analisti come Coco Zhang e Jan Frederik Slijkerman (ING), resta un grande problema: la scarsa trasparenza. Le aziende spesso non comunicano in modo chiaro il proprio consumo idrico, l’origine dell’acqua o l’impatto sulle comunità locali. Una maggiore apertura su questi dati permetterebbe confronti trasparenti e incentiverebbe pratiche più sostenibili nel settore.
Conclusione: l’acqua è il nuovo oro del XXI secolo
Se il petrolio ha alimentato le economie del XX secolo, oggi è l’acqua a rappresentare la nuova frontiera delle sfide globali. Ogni chip prodotto, ogni algoritmo addestrato e ogni byte archiviato ha un costo idrico reale. Il futuro dell’innovazione dipenderà sempre di più dalla capacità dell’umanità di gestire in modo responsabile questo bene prezioso e insostituibile.