Roma, la Via Crucis per la liberazione delle schiave della prostituzione.
Manca il cappuccio bianco, il crocefisso in mano e il falò acceso vicino. E poi siamo a posto.
L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, in collaborazione con la Diocesi di Roma, propone l’evento contro la tratta e la schiavitù sessuale, al quale ha aderito anche l’Agi.
Alle 19 dell’8 marzo tutti alla Garbatella, a Ponte Settimio Spizzichino.
E così le nostre città saranno più ordinate, pulite, linde, senza questa ulteriore “monnezza” per le strade. “Non chiamatele prostitute ma schiave della prostituzione”, dice il Papa.
Tutto vero, e probabilmente è giusto anche multare i clienti, così com’è assurdo non riuscire a beccare mai uno sfruttatore. Ma poi?
Queste ragazze che fanno? Le rispediamo a casa, come propone la Lega? Diamo loro un lavoro onesto? Le riconvertiamo spiritualmente a un cristianesimo sessuofobico più aderente ai dettami della Chiesa?
Queste ragazze comunque ci campano, con questo mestiere. E molte di loro i soldi li mandano a casa, in Africa o in qualche Paese dell’est, dove magari hanno pure una famiglia da mantenere. Loro, spesso giovanissime.
Quindi va bene tutto, ma non sia il solito pretesto bacchettone e moralista che risolve solo i falsi problemi dei cittadini benpensanti, e non i veri problemi di queste ragazzine.
A prescindere dai riti woodoo, in ambito di prostituzione tra soggetti maggiorenni, mi domando il motivo per il quale a cadere vittime della tratta di persone a sfondo sessuale debbano essere sempre le donne straniere, mentre quelle italiane ne debbano essere quasi esenti, sia in Italia, sia all’estero ed il motivo per il quale i marciapiedi del sesso a pagamento si svuotano durante le vacanze natalizie e pasquali, per non dire di osservare le stesse professioniste con uno smartphone in mano ed anche un’autovettura a disposizione. La risposta a tutto questo è quella che la schiavitù del sesso a pagamento non è molto diffusa.