Sartù di riso, ecco la storia di questa delizia partenopea

VEB

Quando si parla di cucina napoletana, sono decine i piatti gustosi che sovvengono alla mente, dolci come pastiera o babà, ma anche piatti gustosissimi a base di pesce o carne.
Ma c’è una ricetta tradizionale che forse negli ultimi anni si sta un po’ perdendo, ma che comunque fa parte della storia partenopea: il sartù di riso.

Per poter capire la genesi di questo piatto bisogna tornare alla storia del Regno di Napoli e alla dinastia degli Aragonesi. Con tutte le prelibatezze disponibili, tra carne e pesce, nessuno gradiva il riso, importato nella regione dagli Arabi.

Addirittura questo alimento veniva considerato solo come adatto per i malati.

La rivoluzione si ebbe quando il Re Ferdinando, più noto come Re Lazzarone, sposa Maria Carolina d’Austria: costei non ama la cucina napoletana, ragion per cui a corte vengono chiamati addirittura cuochi francesi, i monsù.

I cuochi di corte pensarono quindi di insegnarsi, per adattare il riso anche ai palati più raffinati.

La soluzione fu quindi arricchire il riso con tutta una serie di ingredienti, molto gustosi, che potessero mascherare il sapore, di per sé, neutro, del riso.

Ecco allora che nacque la ricetta tramandata fino a noi, a base di riso condito con ragù, piselli, pancetta, funghi, fior di latte o provola, polpettine di carne, salsicce, uova sode e, tradizionalmente, con fegatini di pollo.

foto@Wikipedia

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