Trovata la sede della schizofrenia nel cervello

VEB

Gli scienziati italiani affermano di aver trovato la “culla” della schizofrenia all’interno del cervello, in pratica le aree coinvolte nella distorsione delle percezioni, che sono tipiche di questa patologia, la scoperta è stata fatta da esperti del Centro per Neuroscienze e Sistemi Cognitivi (CNCS) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Rovereto e pubblicato con un articolo su Neuroimage: “È il primo passo verso terapie farmacologiche più mirate“, ha affermato il coordinatore del gruppo di ricerca Angelo Bifone.

La schizofrenia è un disturbo della mente che influisce sul modo di pensare, sentire e comportarsi, provoca una serie di vari sintomi psicologici tra cui allucinazioni, deliri, pensieri confusi e cambiamenti nel comportamento. I farmaci antipsicotici e i trattamenti psicosociali si sono dimostrati efficaci nel trattamento della psicosi acuta e nella riduzione del rischio di futuri episodi psicotici.

Il termine schizofrenia indica un disturbo psichico che comporta disfunzioni cognitive, comportamentali ed emotive. Ne è colpito circa l’1,1% della popolazione sopra i 18 anni e sembra trarre origine sia da fattori genetici che ambientali.

È un grave disturbo psicotico: chi ne è affetto diventa del tutto indifferente a ciò che accade, reagisce in modo assurdo o incoerente agli eventi esterni, perde il contatto con la realtà e si isola in un mondo suo proprio, incomprensibile agli altri. A causa della sua caratteristica destrutturante della personalità, la schizofrenia compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto, sconvolgendo profondamente la sua rete relazionale e, quindi, coinvolgendo anche il nucleo familiare.

La schizofrenia è una patologia grave e invalidante, che conduce spesso al ricovero ospedaliero e che deve essere attentamente diagnosticata e curata; oggigiorno, tuttavia, la sua prognosi non è così negativa come un tempo.

La schizofrenia non implica alcuna “doppia personalità” (come nel disturbo dissociativo dell’identità) ma è caratterizzata, secondo i criteri del DSM-5, da almeno due dei seguenti sintomi, ciascuno presente per una parte di tempo significativa durante un periodo di un mese: deliri, allucinazioni, eloquio disorganizzato (es: frequente deragliamento o incoerenza), comportamento grossolanamente organizzato o catatonico e sintomi negativi (ad es: diminuzione dell’espressione delle emozioni e abulia).

Il trattamento d’elezione per la schizofrenia comprende spesso farmaci antipsicotici(o neurolettici) come la clorpromazina, l’aloperidolo, la perfenazina e la flufenazina, che, agendo prevalentemente sulle vie dopaminergiche, sortiscono sul paziente un effetto antidelirante ed antiallucinatorio.

Per quanto riguarda le cause, sono molte le teorie sulle possibili origini della schizofrenia; in realtà non si può ancora riconoscere una causa certa, ma si può parlare di fattori di rischio, ossia di condizioni che predispongono un individuo a sviluppare la malattia più degli altri. In ordine d’importanza decrescente, questi fattori sono dovuti a: componenti genetiche, complicazioni del parto, fattori biologici, fattori psicologici. La componente genetica è sicuramente il fattore più accreditato per quanto riguarda l’eziopatogenesi della schizofrenia; è noto, infatti, che i familiari dei pazienti con schizofrenia hanno un rischio maggiore di ammalarsi rispetto alla popolazione normale.

Un passo in avanti importante per capire le origini, e quindi nuove possibili cure per questa patologia, viene da uno studio italiano che sembra aver scoperto addirittura dove è allocata nel cervello.

I ricercatori del Centro per i sistemi di neuroscienze e cognitivi dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Rovereto hanno localizzato la sede della schizofrenia nel cervello umano. La scoperta, pubblicata su “Neuroimage: Clinical”, riguarda l’insieme delle aree coinvolte nelle distorsioni della percezione tipiche della malattia.

La ricerca italiana contraddice la teoria finora più accreditata, per la quale allucinazioni e alterazioni della percezione hanno origine nella corteccia frontale, l’area del cervello che controlla le funzioni cognitive elevate come il linguaggio e la programmazione di azioni.

Il confronto delle immagini dell’attività del cervello rilevate con la tecnica della risonanza magnetica funzionale in 94 persone sane e in altrettante malate di schizofrenia indica invece che le aree della corteccia frontale non sono alterate, ma che avvengono alterazioni della percezione iniziale del segnale che si riverberano sulle funzioni cognitive superiori, alterandole.

Per Cecile Bordier, prima autrice della ricerca, ciò indica che “la comunicazione è già alterata ad un livello molto basso dell’elaborazione del segnale“.

I risultati rappresentano un primo passo verso la programmazione di terapie farmacologiche mirate che possano davvero aiutare i pazienti, come ha sottolineato Angelo Bifone, il coordinatore del gruppo di ricerca.

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