Il professor Johnjoe McFadden dell’Università del Surrey (Regno Unito) ha proposto una nuova teoria secondo la quale i campi elettromagnetici nel cervello umano svolgono un ruolo di primo piano nell’emergere della coscienza e nella capacità di pensare coscientemente. Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuroscience of Consciousness, è riportato in un comunicato stampa su MedicalXpress.
Come scrive McFadden, un aspetto chiave della coscienza è la sua capacità di rappresentare le informazioni correlate, il che significa che deve esserci una sorta di substrato fisico della coscienza che codifica le informazioni integrate nel cervello.
Secondo lo scienziato, l’attività dei neuroni assicura l’integrazione non nello spazio, ma solo nel tempo, nel senso che l’informazione elaborata in uscita corrisponde ai segnali in ingresso.
Lo scienziato suggerisce che il ruolo principale nella formazione della coscienza appartiene ai campi elettromagnetici del cervello, che codificano le informazioni di accompagnamento.
L’integrazione spaziale si riferisce alla capacità di una persona di combinare colori, trame, linee, movimenti di oggetti, suoni che vengono elaborati in vari moduli del cervello in un’unica scena visiva.
Ciò rende facile anche per i bambini piccoli affrontare difficili problemi di ragionamento spaziale come districare la catena di una bicicletta bloccata. Allo stesso tempo, questo è un problema intrattabile per l’IA.
McFadden ha chiamato la sua teoria la teoria del campo di informazione elettromagnetica cosciente. Crede che siano i campi elettromagnetici del cervello, che si ritiene non abbiano alcuna funzione importante, a creare la maggior parte delle proprietà osservabili della coscienza. Può anche essere usato per creare una coscienza artificiale che permetterà alle macchine di pensare da sole.