Confermato che lavorare troppo fa male alla salute

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Ufficialmente è confermato che lavorare troppo fa male alla salute.

Lavorare troppo ed essere stacanovista fa davvero male alla salute?

Confermato che lavorare troppo fa male alla salute
foto@Pixabay

Stacanovismo lavorare troppo fa male alla salute

Viene definita stacanovista una persona che è molto operosa nella sua attività di lavoro, svolgendo la propria attività con scrupolo o che si sottopone a ritmi di lavoro molto serrati.

Con Stacanovista si indica anche una persona che si impegna  spesso anche eccessivamente, facendo più di quanto gli viene richiesto o di quanto dovrebbe fare e, in alcuni casi, senza mai prendersi una pausa dallo stesso.

L’etimologia del termine era legato allo stacanovismo, un movimento di propaganda nato nell’URSS con lo scopo di creare un modello di lavoro che unisse alla grande produttività individuale l’utilizzo di nuove tecniche di lavoro.

L’origine è legata a Aleksej Stachanov, un operaio russo che con l’utilizzo di un particolare sistema di scavo e di un modello di organizzazione e divisione del lavoro molto efficiente, riuscì ad estrarre in meno di sei ore una quantità di carbone pari a 14 volte la quantità prevista.

Ma quanto si può chiedere al proprio corpo prima di star male?

Aleksej Stachanov morì, probabilmente anche a causa della fatica accumulata per un infarto, ma il benessere del cuore non è l’unico fattore a logorarsi con una dose eccessiva di lavoro. Insonnia, depressione, problemi fisici gravi o cronici: tutti sintomi dell’eccesso di fatica e stress che la vita lavorativa comporta e che rischia di risucchiare il dipendente in una spirale da cui è difficile tirarsene fuori.

La stessa scienza ha confermato: pubblicata sul Lancet, una ricerca ha concluso che più di 55 ore lavorative a settimana aumentano del 27% il rischio di ictus e del 13% di sviluppare una malattia cronica.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha quindi istituito la Giornata Mondiale per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, utile a ricordare di ridimensionare gli impegni e a salvaguardare se stessi.

La realtà del lavoro è cambiata: oggi il modo di giudicare una buona performance infatti non è uguale a ieri – spiega Marina Osnaghi, prima Master Certified Coach in Italia – Perché si lavora per obiettivi con azioni fulminee, decisioni veloci veicolate con poche informazioni che però devono essere efficaci e ponderate. Anche le aspettative elevate e la paura delle intelligenze artificiali che sostituiscono l’operato dell’uomo, rendendolo fragile e spaventato, sono due fattori da non sottovalutare perché il lavoratore si sente improvvisamente obsoleto. I contesti “centrifuga” fanno parte ormai della nostra realtà quotidiana e provocano pressione continua di cui è difficile liberarsi”.

Per non rischiare di mettere a repentaglio la propria vita, soprattutto dopo i 40 anni è bene lavorare solo 25 ore alla settimana. “Il nostro migliore amico? Siamo noi: possiamo diventare flessibili, cambiare idee e il nostro modo di vivere per diventare bravi a orientarci nella confusione – prosegue la master coach Marina Osnaghi – in un’epoca in cui si parla di Great Place to Work e di welfare aziendale, il lavoratore si trova spesso inserito in contesti tutt’altro che ottimali con ritmi di lavoro prolungati; a volte indifferenziati tra giorno, sera e weekend, permeati dall’ansia di primeggiare e dover tenere a bada la frustrazione di conflitti e giudizi negativi, caratteristici di una cultura che non conosce le regole di base dei feedback. Dunque cosa fare per ritrovare la normalità? La soluzione è trovare spazi di decompressione, iniziando dalle piccole cose come smettere di mangiare di fronte al pc o non pranzare affatto, per arrivare alle grandi e complesse come cambiare prospettiva mentale e imparare a convivere con la pressione dei nostri tempi con cui tutti ci dobbiamo misurare ed essere in grado di commutare la velocità e il caos da anomalia a normalità”.

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