Ogni anno si registra un incremento nel numero di individui colpiti da demenza, spingendo ricercatori globali a identificare strategie preventive o per rallentarne l’evoluzione.
Uno studio innovativo dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, ha evidenziato come la pratica musicale possa rappresentare una delle soluzioni più efficaci per il mantenimento delle funzioni cognitive.
Attraverso l’analisi di dati provenienti da 1.107 soggetti ultraquarantenni privi di diagnosi demenziale, lo studio ha messo in luce una correlazione tra le capacità cognitive e la pratica autonoma della musica, l’ascolto regolare e l’esperienza nel suonare strumenti o nel partecipare a cori.
In particolare, sono emerse “miglioramenti significativi” nelle capacità di memoria operativa e nelle funzioni esecutive tra i musicisti. Analogamente, sono state riscontrate positive associazioni tra il canto, le competenze esecutive e le abilità musicali in generale con la memoria di lavoro.
Anne Corbett, psicologa cognitiva presso l’Università di Exeter, ha commentato che praticare musica favorisce l’uso della riserva cognitiva del cervello, un meccanismo di difesa contro i segni dell’età e il rischio di patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer.
Sebbene lo studio abbia evidenziato connessioni significative, gli autori sollecitano ulteriori ricerche per approfondire questi risultati. Sottolineano l’importanza di considerare altri fattori, quali il reddito e lo stile di vita, che potrebbero influenzare le prestazioni cognitive.
Ciononostante, i risultati ottenuti indicano che l’inclusione dell’educazione musicale nelle politiche di salute pubblica potrebbe avere un ruolo chiave nel preservare la salute mentale, incentivando gli individui anziani a riavvicinarsi alla musica. Lo studio evidenzia in particolare il valore del suonare tastiere e strumenti a percussione per il miglioramento della memoria operativa e delle funzioni cognitive.
Tra i fautori di questa teoria vi è Stuart Douglas, 78 anni, della Cornovaglia, musicista che testimonia i benefici di una costante pratica musicale sull’agilità mentale in età avanzata. Douglas, che si esibisce frequentemente, osserva direttamente l’effetto positivo della musica su persone affette da deficit di memoria.
La ricerca, pubblicata sull’International Journal of Geriatric Psychiatry, enfatizza il ruolo cruciale dell’educazione musicale e della pratica strumentale per la salute mentale, sostenendo che l’interesse verso la musica, specialmente in età matura, contribuisce a conservare le facoltà cognitive in chi supera i 40 anni.