Tumori, ammalarsi e curarsi costa veramente troppo

VEB

36 miliardi di euro spesi ogni anno dalle famiglie italiane per accudire un malato di tumore: questa la più recente stima fatta dalla Federazione italiana delle Associazioni del Volontariato in Oncologia (Favo) , soldi che si sommano ai costi sostenuti direttamente dal Servizio sanitario nazionale per diagnosi e terapie.

Fra costi diretti e indiretti ogni paziente si ritrova con oltre 34mila euro in meno ogni anno, quasi 3 mila euro al mese che “mancano” dal bilancio familiare.

Le stime si basano su un’indagine condotta da Favo e Censis su 1.055 pazienti e 713 caregiver che hanno avuto una diagnosi di tumore negli ultimi cinque anni. Per capire di che si tratta bisogna innanzitutto scindere le spese effettivamente sostenute di tasca propria (ovvero i costi diretti) e quelle indirette (cioè i redditi mancati per assenze forzate sul lavoro o per cessazione dell’attività lavorativa, che incidono per ben l’84 per cento del totale).

Fra le prime pesa in modo particolare la voce spese mediche, tra le quali è alta la quota per farmaci, cui si aggiungono visite, esami, prestazioni di fisioterapia o riabilitazione. Tra i soldi concretamente spesi da malati e familiari ci sono poi quelli legati a trasferte per le cure (trasporti, alberghi) e all’assistenza privata (ovvero colf, assistenti domiciliari, badanti). Fra i costi indiretti, invece, il grosso è rappresentato dal valore delle ore di lavoro perse e i conseguenti redditi sfumati per pazienti e caregiver.

Ma anche oltre i nostri confini la situazione non è migliore.

Ammalarsi di cancro può costare quindi più che crescere un figlio: oltre 6 mila euro l’anno, pari a oltre 1.600 euro in più rispetto alle spese sostenute per allevare un bimbo. A calcolare l’impatto finanziario di una neoplasia è l’associazione no profit inglese Macmillan Cancer Support, che riflette sulle conseguenze della malattia sulla vita e sul reddito della persona colpita.

Tumori, ammalarsi e curarsi costa veramente troppo

Uno studio della società Deloitte ha inoltre calcolato che ogni anno nel mondo sette milioni di persone si mettono in viaggio per motivi di salute, e il cancro è sempre in cima alle ragioni per cui si decide di curarsi lontano da casa.

L’Italia, pur vantando, in alcune Regioni, centri oncologici di altissimo livello con risultati tra i migliori d’Europa, non è ancora tra le mete più gettonate dai malati stranieri, che tendono a prediligere la Gran Bretagna, la Germania o la Francia, anche grazie alla direttiva europea che permette l’accesso a cure rimborsate in Paesi dell’Unione diversi dal proprio. A viaggiare verso l’Europa sono anche i cittadini statunitensi, che vivono in un Paese dove la sanità è totalmente privata e dove, se non si hanno i mezzi per acquistare un’assicurazione sanitaria, le terapie anti-cancro possono gettare sul lastrico l’intera famiglia.

L’indagine, condotta su 1.600 pazienti seguiti dall’associazione, ha messo in evidenza che l’83% delle persone colpite dal cancro “ha avuto un peggioramento delle condizioni di salute dopo la diagnosi anche perché vede aumentare le spese: in media di oltre 600 euro al mese”. Un dato “più elevato se confrontato con quanto una famiglia arriva a spendere per un figlio sotto gli 11 anni: circa 500 euro al mese”.

Per questo, riferisce il ‘Telegraph’ online, l’ente benefico chiede al Governo britannico un impegno a favore dei malati e delle loro famiglie: per esempio una maggiore flessibilità sulle rate dei mutui, il congelamento degli interessi sulle carte di credito e sui prestiti, finanziamenti ad hoc per coprire le spese logistiche dei ‘viaggi della speranza’.

Per nostra fortuna, il nostro sistema sanitario è uno dei migliori d’Europa e copre per i cittadini le spese per qualsiasi tipo di intervento “importante” con la possibilità di spostarsi nei centri più all’avanguardia, che di sicuro non mancano. Per questo sono davvero pochi gli italiani che decidono di spostarsi fuori dai confini e, quando lo fanno, è perché sono stati colpiti da forme oncologiche rare per le quali i centri di riferimento internazionali si trovano all’estero.

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