L’opera dell’artista cileno Marco Evaristti, intitolata “Helena & El Pascador“, ha suscitato notevole discussione nel mondo dell’arte.
Presentata per la prima volta al Museo Trapholt in Danimarca nel 2000, questa provocatoria installazione comprendeva dieci frullatori, ognuno contenente un pesce rosso vivo in acqua.
Ai visitatori era data una scelta controversa: premere il pulsante “ON” del frullatore, uccidendo il pesce, o lasciarlo vivere.
Evaristti ha spiegato che la sua opera era un’espressione di protesta contro la brutalità e il cinismo presenti nel mondo. Attraverso questa scelta, intendeva esplorare tre diversi tipi di personalità: il sadico, che preme il pulsante, il voyeur, che osserva, e il moralista, che si indigna per la sola esistenza di tale scelta.
Curiosamente, l’opera incorporava anche elementi che riflettevano temi di genere e di potere. Evaristti, vestito con pantaloni militari, era un simbolo maschile, mentre i frullatori da cucina, tradizionalmente associati al dominio femminile, diventavano strumenti di violenza.
Questi elementi erano contrapposti dal rossetto femminile, sottolineando il contrasto tra maschile e femminile.
Inoltre, l’installazione trovava ispirazione nella poesia “Il pescatore” di Goethe, che si trova in un armadio all’interno del museo.
La poesia simboleggiava diversi livelli dell’esperienza umana, dall’innocenza del pesce nell’acqua sicura alla seduzione fatale della sirena, riflettendo così i temi dell’amore e del pericolo.
Nonostante la maggior parte dei visitatori scegliesse di non premere il pulsante, almeno due pesci rossi furono effettivamente frullati durante l’esposizione dell’opera, dimostrando le diverse reazioni umane di fronte a un dilemma etico.