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Arrivano le pubblicità anche su WhatsApp

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Una svolta per WhatsApp: la pubblicità entra nell’app

WhatsApp ha confermato che inizierà presto a mostrare annunci pubblicitari all’interno della sua interfaccia. Per ora, le inserzioni non compariranno nelle chat, ma nella sezione “Aggiornamenti” (l’equivalente di “Stato”), utilizzata ogni giorno da oltre 1,5 miliardi di utenti.

Arrivano le pubblicità anche su WhatsApp

La notizia, riportata anche dal New York Times, segna un importante cambio di strategia per l’app di messaggistica più utilizzata al mondo【Fonte: NYT】.

L’obiettivo di Meta (la società madre di WhatsApp) è monetizzare una piattaforma che, fino ad oggi, è rimasta sostanzialmente priva di inserzioni. Per farlo, WhatsApp utilizzerà alcuni dati di utilizzo, come la lingua del dispositivo, la posizione approssimativa e interazioni con contenuti pubblici. L’azienda specifica però che i contenuti delle conversazioni restano privati e crittografati end-to-end, come previsto dallo standard attuale.


H2: Una scelta che rompe con il passato

Nel 2014, quando Facebook acquistò WhatsApp per 19 miliardi di dollari, la promessa dei fondatori Jan Koum e Brian Acton era chiara: nessuna pubblicità, niente giochi, nessun trucco. L’app doveva essere uno strumento puro, orientato solo alla comunicazione.

Oggi, con oltre due miliardi di utenti e una crescente pressione per rendere WhatsApp redditizio, quell’ideale sembra essere tramontato. Koum e Acton hanno abbandonato la società anni fa, anche a causa di divergenze sulla direzione commerciale presa da Meta【Fonte: Forbes】.


H2: Cosa cambia per l’utente

Sebbene Meta garantisca che le chat restino protette, l’introduzione di pubblicità implica una maggiore attenzione al modo in cui vengono raccolti e trattati i metadati. Non si tratta del contenuto dei messaggi, ma di informazioni come:

  • l’orario di accesso all’app;
  • la frequenza d’uso della sezione “Aggiornamenti”;
  • i dati di sistema e configurazione del dispositivo.

Tutti questi elementi possono contribuire a profilare l’utente per offrire pubblicità mirate. Questo aspetto ha già suscitato dubbi da parte di organizzazioni per la tutela della privacy, che chiedono maggiore trasparenza sulle finalità di trattamento dei dati【Fonte: Electronic Frontier Foundation】.


Fonti autorevoli per approfondire

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