Zecche, parassiti pericolosi anche per l’essere umano

VEB

Se è vero che, per l’equilibrio del nostro ecosistema, tutti gli esseri viventi sono indispensabili ed hanno un loro ruolo ed utilità, è indubbio che per gli uomini alcuni sono particolarmente fastidiosi e temibili, quando non considerati assolutamente inutili, e tra questi fa la parte da leone la zecca.

Le zecche sono aracnidi ematofagi, ovvero animaletti simili ai ragni che si nutrono del sangue dell’animale al quale si attaccano. Possono passare indifferentemente da una specie animale all’altra e possono attaccarsi anche all’uomo, con il rischio di trasmettere diverse malattie di cui sono vettori: le punture di questi parassiti possono dunque rappresentare un serio problema di salute pubblica.

La specie più pericolosa per l’uomo è la Ixodes ricinus, conosciuta anche con il nome comune di zecca del bosco.
In Italia è presente con una certa intensità in tutte le regioni, ad eccezione della Sardegna, dove si segnalano presenze sporadiche.

La puntura o morso di zecca è molto fastidiosa, non perché provochi dolore o prurito, ma perché inizialmente non ce ne si accorge nemmeno. In genere i primi sintomi si avvertono soltanto successivamente, quando l’animaletto comincia a succhiare il sangue ed aumenta le sue dimensioni. Le punture di zecche sull’uomo possono provocare un quadro sintomatologico caratterizzato da gonfiore ed eruzioni cutanee.

Oltre alla semplice azione allergizzante, dovuta alla secrezione di sostanze tossiche contenute nei fluidi salivari, il rischio maggiore è però quello di contrarre alcune malattie.

La zecca, infatti, è un vettore di microrganismi responsabili della diffusione di infezioni gravi e malattie specifiche. Durante il suo pasto può trasmettere ad un animale sano un agente patogeno assorbito nei pasti precedenti da qualche animale infetto. Questo avviene attraverso il rigurgito del sangue. La pericolosità è legata inoltre alla durata del pasto di nutrizione.

Le principali malattie che possono essere trasmesse dal mordo di zecche del bosco sono: la malattia di Lyme, l’encefalite da zecche o Tbe e la febbre bottonosa.

La malattia di Lyme, i special modo, è spesso giunta agli onori della cronaca per aver colpito personaggi famosi, tra cui Avril Lavigne, Bella Hadid, Richard Gere e Ben Stiller.

Vari i sintomi della malattia: all’inizio si manifesta con una macchia rossa sulla cute che si espande lentamente, ma entro qualche settimana il soggetto colpito può sviluppare disturbi neurologici con artralgie, mialgie, meningiti, polineuriti, linfocitoma cutaneo, miocardite e disturbi della conduzione atrio-ventricolare.

Negli Stati Uniti conta oltre 300.000 nuovi casi ogni anno e anche in Italia è in aumento.

Non è comunque detto che basti un morso di una zecca per ammalarsi: il parassita potrebbe infatti non essere portatore del batterio o, ancora, non essere in grado di trasferirlo all’uomo.

In ogni caso, esistono alcune precauzioni per ridurre significativamente la possibilità di venire a contatto con le zecche, o perlomeno per individuarle rapidamente, prima che possano trasmettere una malattia.

In generale, è consigliato: indossare abiti chiari (rendono più facile l’individuazione delle zecche), coprire le estremità, soprattutto inferiori, con calze chiare (meglio stivali), utilizzare pantaloni lunghi e preferibilmente un cappello; evitare di toccare l’erba lungo il margine dei sentieri, non addentrarsi nelle zone in cui l’erba è alta; al termine dell’escursione, effettuare un attento esame visivo e tattile della propria pelle, dei propri indumenti e rimuovere le zecche eventualmente presenti.

Se invece ci si accorge di essere stati punti, ma cercate di uccidere la zecca soffocandola con olio, vasellina, benzina o calore perché si rischia che rigurgiti il pasto ematico e con esso il batterio responsabile di malattia. Basta una pinzetta e un movimento di strappo deciso esercitando una lieve rotazione il più possibile vicino al punto di attacco. Poi bruciare lo sgradevole ospite. Non bisogna inoltre applicare disinfettati colorati che possono mascherare segni di infezione. Non iniziare nessuna terapia ma solo monitorare la cute per 30-40 giorni e nel caso di arrossamento tondeggiante, singolo o plurimo, o di malessere rivolgersi al medico per la terapia antibiotica che sarà di 21 giorni con antibiotici che sensibilizzano alla luce solare.

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