Facebook ci ricasca: bug mette nuovamente a rischio la privacy

VEB

Ancora una volta siamo qui a parlare di privacy, ed ancora una volta protagonista è Facebook che, nonostante i recenti problemi che hanno portato addirittura Mark Zuckerberg davanti al Congresso Usa, continua ad inciampare quando si tratta della protezione dei dati sensibili dei suoi milioni di utenti sparsi in ogni angolo del mondo.

Nel marzo del 2018 Facebook viene travolta dallo scandalo Cambridge Analytica. Le inchieste di New York Times e Guardian rivelano che i dati di 87 milioni di utenti Facebook – 214mila quelli italiani – sono finiti nelle mani della società di analisi e consulenza politica britannica che ha lavorato alla campagna elettorale di Donald Trump.

Zuckerberg sarebbe venuto a conoscenza della violazione nel 2015, ma avrebbe avuto la rassicurazione che quei dati sarebbero stati cancellati. Però, come hanno rivelato le inchieste, questo non è successo: quei dati infatti sarebbero stati utilizzati per condizionare, attraverso attività mirate su Fb, l’orientamento di voto dei cittadini Usa durante le ultime presidenziali.

Neanche un mese dopo aver giurato al mondo di non ripetere imbrogli sulla privacy, per far dimenticare lo scandalo dei dati ceduti a Cambridge Analytics, è stata beccata a rifarli, vendendo dati a quattro società cinesi tra cui una che il Pentagono considera «pericolosa» per la sicurezza Usa.

Nello specifico, un’inchiesta del New York Times ha portato alla luce una condivisione occulta dei dati degli utenti del Social Network con un gruppo di più di 60 produttori di smartphone e tablet tra cui Apple, Microsoft, Samsung e BlackBerry.

Sembra che tutto sia iniziato 10 anni fa, quando Facebook ha iniziato a stringere accordi con i produttori di smartphone e tablet affinché fosse preinstallata la app mobile di Facebook, e successivamente Facebook Messenger, sui device e che si integrassero nel loro sistema operativo alcune funzionalità che permettono l’accesso immediato a Facebook.

Per consentire tutte le varie funzionalità, Facebook ha dato quindi l’accesso ai produttori alle sue cosiddette “Api private”, essenzialmente blocchi di codice di programmazione necessari allo scambio dei dati: questo naturalmente è in contrasto con la legislazione americana in materia di trattamento dei dati personali.

Ma non è finita qui, perché in queste ore si è aggiunto persino un bug a buttare benzina sul fuoco.

Nello specifico, stavolta Facebook ha reso noto che, a causa di un virus che colpisce i software, alcuni post pubblicati da utenti con alcune restrizioni di privacy (per l’esclusiva visione degli amici) sono invece risultati pubblici, ovvero visibili a tutti.

Il problema si è verificato nel corso di alcuni giorni a maggio e ha interessato fino a 14 milioni di utenti.

«Abbiamo individuato recentemente un bug informatico – Erin Egan, incaricata delle questioni di privacy di Facebook – che suggerisce automaticamente di rendere pubblici i post creati da centinaia di utenti».

Dal 18 al 22 maggio, in pratica, il bug ha impostato di default la versione “pubblico” a qualsiasi contenuto postato: un problema per chi aveva già settato la condivisione come privata o solo con gli amici, in questo modo sostanzialmente vanificando l’impostazione di condivisione.

Facebook però ha avuto bisogno di altri cinque giorni per rintracciare e rendere di nuovo privati tutti i messaggi postati da 14 milioni di utenti in quel lasso di tempo. E da giovedì l’azienda ha cominciato ad avvertire tutte le persone interessate dal bug con un messaggio per informarle di quel che è successo, scusarsi e chiedendo di verificare i messaggi postati in questo periodo per capire se qualcuno non sia sfuggito alle ricerche dell’azienda.

L’immediata ammissione di responsabilità non ha però salvato il social da attacchi e nuove accuse: quanto i realtà i nostri dati sono protetti? Quanto deve ancora lavorare Facebook per garantire la giusta protezione e tutela ai suoi utenti?

Next Post

Insalata contaminata, dopo gli Usa allarme anche in Italia e Germania

Nei giorni scorsi vi avevamo parlato di una grave epidemia di Escherichia Coli che stava  colpendo gli Usa, e l’alimento incriminato era nientemeno che la lattuga romana. Nello specifico, ad oggi, cinque persone sono morte dopo aver consumato lattuga romana contaminata dall’e-coli e secondo quanto riferiscono i media americani, sono […]
Insalata contaminata, dopo gli Usa allarme anche in Italia e Germania