Farmaci, presto potranno prescriverli anche gli infermieri

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In molti paesi del mondo, da diversi anni, alcuni operatori sanitari hanno la possibilità di svolgere un’attività di prescrizione simile a quella del medico di base (in primis il Regno Unito che lo permette dal 2006).

L’intento è sfruttare le risorse non mediche per facilitare l’accesso ai farmaci e il lavoro dei medici di medicina generale, ottimizzando, di conseguenza, il Servizio sanitario nazionale.

E i risultati ottenuti sono stati ottimi: a dirlo, già lo scorso anno, una revisione condotta dalla Cochrane che aveva preso in esame 46 studi in cui l’attività di figure professionali “non mediche” era stata confrontata con quella dei camici bianchi.

I ricercatori Cochrane avevano incluso nella loro indagine 26 studi che hanno coinvolto infermieri e 20 che hanno coinvolto farmacisti per un totale di 37,337 partecipanti. In 45 studi sono state confrontate direttamente le due categorie di medici e farmacisti/infermieri, mentre in uno è stata presa in esame l’attività di infermieri supportati da linee guida e non. Gli studi in particolare hanno verificato l’attività delle due categorie di professionisti nel gestire problematiche acute e croniche, in contesti di cura primarie e secondaria.

Farmaci, presto potranno prescriverli anche gli infermieri

La maggior parte delle ricerche sono state condotte in Usa (25), sei nel Regno Unito e le restanti in Australia, Canada, Irlanda e Olanda. Quattro studi sono stati condotti in Paesi a basso reddito: Colombia, Sud-Africa, Uganda e Tailandia.

Dall’analisi dei dati era emerso chiaramente che gli outcome dei pazienti, dopo prescrizione operata da infermieri o farmacisti, erano simili a quelli successivi a prescrizione medica. In generale i pazienti rimangono soddisfatti in entrambi i casi così come la qualità di vita correlata alla salute è risultata simile.

E, visti i risultati, questa realtà potrebbe arrivare presto anche da noi: apre infatti alla possibilità di “prescrizione” dei farmaci da parte degli infermieri Mario Melazzini, Direttore generale dell’Aifa.

Intervenuto al primo Congresso nazionale Fnopi, l’esperto ha infatti indicato la possibilità di avviare un percorso “che possa garantire una risposta più funzionale ai pazienti”.

Certo è però che per portare fino in fondo l’idea c’è bisogno di significative modifiche di legge. Oltretutto ci si deve scontrare con l’opposizione dei medici, gelosi delle loro prerogative professionali.

Il direttore ha aggiunto che “tutte le professionalità devono lavorare insieme: medici, operatori sanitari e soprattutto farmacisti”. E l’infermiere può essere importante per la cosiddetta farmacia dei servizi, dove non si vendono soltanto medicine ma si offrono una serie di servizi sanitari (dalle prenotazioni a certi esami). “Chi meglio di questi professionisti può essere trait d’union tra le diverse professionalità sanitarie coinvolte nella prescrizione?”, ha detto il dg, ricordando anche come diversi Paesi europei hanno aperto a forme di indicazione prescrittiva da parte degli infermieri.

Bisogna comunque ricordare che, stretti tra turni impossibili e età media sempre più alta, mancano all’appello almeno 50mila infermieri, di cui 20mila in ospedale e 30mila per rendere efficiente l’assistenza continua sul territorio. Ma questa carenza, che mette a rischio l’assistenza dei pazienti e che si va accentuando con il passar del tempo, potrebbe arrivare a 70mila unità entro 5 anni.

Dal 2009, anno dell’ultimo contratto e anno in cui sono iniziati i piani di rientro per le Regioni in deficit, si sono perse 12.031 unità di personale infermieristico, contro, ad esempio una diminuzione di 7.731 medici. In una situazione di aumento della domanda sanitaria, ma di stasi dell’occupazione, il maggior ricorso alle turnazioni rimane l’unica strada per assicurare il funzionamento delle organizzazioni.

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