Gomorra e la dura critica di Don Aniello Manganiello

VEB

La serie di Sky “Gomorra” ha dimostrato di essere un successo internazionale: persino l’Hollywood Reporter, in occasione dello sbarco oltreoceano, ha sottolineato “l’oscura grandezza della serie” che “sotto molti punti di vista rende omaggio al meglio della televisione americana, in particolare a “The Wire”, la serie targata HBO”.

E mentre i fans di mezzo mondo aspettano trepidanti la messa in onda della nuova stagione, non mancano neppure le critiche, come quelle di Don Aniello Manganiello, che non le manda certo a dire e non usa mezzi termini.

Il combattivo parroco ce l’ha con l’autore del libro, Roberto Saviano, che ha dato il via al tutto, ed anche con la trasposizione televisiva, che ha enfatizzato ancora di più le parole già durissime di Saviano.

Scampia non è Gomorra: con questa profonda convinzione, Don Aniello prosegue la sua lotta alla criminalità organizzata, alla camorra. Parroco del quartiere napoletano per sedici anni, è stato poi trasferito nella diocesi di Pescara.

“Per scelta non ho visto le serie precedenti e non seguirò nemmeno la prossima. La ritengo una vergognosa spettacolarizzazione del male, che c’è, ma non è un male assoluto che condiziona e distrugge tutto il resto che c’è di buono, ma che non viene evidenziato. Il motivo oramai è chiaro: fare cassetta. Hanno scoperto che è un tema che tira”, ha tuonato.

Su Saviano, Don Aniello ha poi aggiunto: “Scampia non è Gomorra perché Gomorra è una città biblica in cui non ci sono nemmeno 10 giusti perché Dio possa risparmiarla. Non mi pare che Scampia sia in queste condizioni. Avrebbe potuto raccontare storie di conversione e di riscatto e ce ne sono tante. Come mai sono stato trasferito? Probabilmente il modo di fare e il fatto di portare avanti la pastorale parrocchiale non erano graditi a qualcuno. Ma alla fine non è stato un male, perché l’esperienza di Scampia mi ha aperto tanti orizzonti sul campo della legalità e della solidarietà. Mi porto dentro una grande nostalgia di Scampia e tornarci stabilmente mi renderebbe felice”.

Nonostante le minacce costanti, don Aniello ha salvato centinaia di famiglie ed, anche adesso che è stato trasferito a Pescara, le sue associazioni continuano ad essere un punto di riferimento per la martoriata periferia.

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