E se non fossimo la prima civiltà industriale nella storia della Terra? Non è l’inizio di un romanzo di fantascienza, ma un’affascinante domanda posta da due scienziati, Gavin Schmidt della NASA e Adam Frank dell’Università di Rochester. La loro idea, nota come “Ipotesi Siluriana”, ci costringe a guardare il nostro pianeta con occhi completamente diversi.

Cercare firme, non rovine
Dimentica le rovine di antiche metropoli. Se una civiltà avanzata fosse esistita decine di milioni di anni fa, le sue città e i suoi monumenti sarebbero stati polverizzati dal tempo. L’ipotesi, pubblicata sull’autorevole International Journal of Astrobiology, suggerisce di cercare indizi molto più sottili e persistenti: un’impronta digitale chimica lasciata nell’atmosfera e nei sedimenti.
Una società industriale, proprio come la nostra, modificherebbe inevitabilmente l’ambiente. Potremmo trovare picchi anomali di anidride carbonica, residui di metalli pesanti o strane variazioni negli isotopi di carbonio intrappolati negli strati geologici. Il problema? Anche la natura può creare firme simili. Un esempio lampante è il Massimo Termico del Paleocene-Eocene, avvenuto circa 56 milioni di anni fa. Un’intensa attività vulcanica rilasciò enormi quantità di carbonio, generando un segnale geologico che, a prima vista, potrebbe essere scambiato per l’impronta di una civiltà. Distinguere un evento naturale da uno artificiale è la sfida più grande.
La memoria della Terra e i “tecnofossili”
La prova definitiva dell’esistenza di una civiltà precedente sarebbe trovare qualcosa che la natura non può creare: i cosiddetti tecnofossili. Immagina di scoprire, in uno strato di roccia antichissimo, residui di materiali plastici, leghe metalliche uniche o isotopi radioattivi sintetici. Quella sarebbe una pistola fumante.
Tuttavia, il nostro pianeta è una macchina che cancella costantemente la propria memoria. La superficie terrestre è in continuo movimento: l’erosione, la subduzione delle placche tettoniche e il riciclo della crosta oceanica (che si rinnova quasi completamente ogni 200 milioni di anni) rendono quasi impossibile la conservazione di reperti fisici per così tanto tempo.
Schmidt e Frank usano questa ipotesi come un potente esperimento mentale. Se è così difficile trovare le tracce di una civiltà sul nostro stesso pianeta, come potremo mai riconoscere i segni di vita intelligente su un lontano esopianeta, osservando solo la sua atmosfera attraverso un telescopio?
Conclusione: uno specchio per il nostro futuro
L’Ipotesi Siluriana non afferma che “loro” siano esistiti, ma ci costringe a riflettere sulla nostra stessa eredità. L’umanità sta lasciando uno strato geologico unico, l’Antropocene, pieno di plastica, cemento e inquinanti. Tra milioni di anni, la nostra esistenza potrebbe essere ridotta a un sottile e strano strato di roccia. Chissà se qualche futuro geologo si chiederà mai chi, o cosa, lo abbia prodotto.
Se vuoi approfondire questo affascinante argomento, ti consigliamo di partire direttamente dalle fonti originali:
- Lo studio scientifico originale: The Silurian Hypothesis: Would it be possible to detect an industrial civilization in the geological record?
- Un articolo di approfondimento della NASA: NASA GISS: On the Presence of Previous Intelligent Life
Curiosa per natura e appassionata di tutto ciò che è nuovo, Angela Gemito naviga tra le ultime notizie, le tendenze tecnologiche e le curiosità più affascinanti per offrirtele su questo sito. Preparati a scoprire il mondo con occhi nuovi, un articolo alla volta!