Naturopatia: morta, curava il cancro solo con metodi naturali

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Viene definita medicina naturopatica o più semplicemente naturopatia, in pratica una sorta di medicina alternativa i cui principi salutistici, si dice, sarebbero stati formulati all’incirca intorno al XIX secolo negli Stati uniti e successivamente diffusi, in forme anche diverse, in tutto il resto del mondo, in realtà si tratterebbe di un’insieme di pratiche di medicina alternativa che però a tutt’oggi non convergono in una singola autonoma e coerentemente definita: medicina.

La naturopatia quindi non è precisamente una forma di medicina, ma solo un insieme di pratiche tendenti a mantenere o ripristinare lo stato di salute, correggendo quegli squilibri funzionali che costituiscono le infermità.

Il presupposto della naturopatia è che le malattie esistono solo in quanto deviazioni dalla normale funzionalità dell’organismo, indipendentemente da ogni possibile causa esterna e che il potenziamento delle difese naturali è l’unico vero modo di prevenirle e sanarle.

Il Naturopata è l’operatore in Discipline Bio-naturali che attraverso molteplici tecniche naturali favorisce il mantenimento dello stato di benessere della persona, in base alle sue caratteristiche costituzionali. Applica metodiche non mediche e non invasive per stimolare nell’individuo le sue capacità di omeostasi, considerando di questo gli aspetti costituzionali e le influenze ambientali. Il Naturopata professionista, operando autonomamente, fornisce una consulenza, attraverso l’educazione, a stili di vita “secondo natura”.

La naturopatia  non si pone come sostituto della medicina allopatica (la medicina classica occidentale), ma come strumento complementare.

Ma nella realtà non sempre questo avviene, soprattutto per quanto riguarda alcune idee di fondo, come quelle per cui sono inutili e controindicate (tranne poche eccezioni) le medicine, la chirurgia, le vaccinazioni e in genere tutti gli interventi aggressivi sull’organismo tendenti a eliminare i sintomi.

Naturopatia, morta per aver curato il cancro solo con metodi naturali

Idee che se estremizzate possono condurre a conseguenze anche estreme, come quelle a cui è andata incontro una donna di 46 anni, che è morta per un carcinoma al seno.

Nello specifico, una donna siciliana di 46 anni è deceduta perché, invece di affidarsi a un medico, ha provato a guarire dal tumore al seno utilizzando metodi naturali, ovviamente inefficaci. Quando finalmente ha capito che doveva rivolgersi a uno specialista era troppo tardi.

A distanza di un anno dal decesso, il dottor Massimiliano Beretta, oncologo del Cro di Aviano, rende pubblica, sulle pagine del Gazzettino, la sua storia, affinché possa essere d’aiuto a qualcuno. E rivela il contenuto della mail che ha ricevuto dalla 46enne.

La donna, prima di morire, ha scritto al suo medico una email dalla Sicilia, era l’autunno 2016: “Premetto che sono arrivata al Pronto soccorso in condizioni molto critiche – si racconta – perché avevo seguito i consigli di un naturopata che conoscevo da anni, ma che si è rivelato poi un lupo travestito da agnello, definizione sin troppo generosa per questo personaggio che praticava radioestesia, fiori di Bach, metodo Hamer e poi mi ha ridotta in fin di vita, dolorante, con problemi respiratori, debilitata e sottopeso di 10 chili. Sono precipitata da 42 a meno di 30 in qualche settimana“.

Mentre lei credeva di sottoporsi a una terapia efficace, la malattia avanzava in modo ancor più aggressivo – ha spiegato all’Ansa Beretta – perché non incontrava l’ostacolo della chemioterapia, e soprattutto si diffondeva in un organismo ormai privo di difese. Le parole di quella donna mi risuonano ancora nella testa e di questo caso parlo spesso durante i convegni, perché non si discute mai abbastanza dei trattamenti non convenzionali che non sono per forza di cose dannosi, ma devono essere valutati sempre da un medico“.

«È indispensabile che queste terapie non interferiscano con le cure – ha aggiunto Beretta -. Per fare un esempio, l’aloe può compromettere l’attività terapeutica di ciascuna sostanza, con il risultato di una riduzione o talvolta di un potenziamento del suo effetto che nei casi più gravi può giungere sino all’intossicazione. Il problema sta assumendo dimensioni notevoli: le stime ufficiali parlano di un paziente oncologico su due che nell’arco del proprio percorso terapeutico fa ricorso a terapie non convenzionali».

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