Parkinson, dura e faticosa la quotidianità dei caregiver

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Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite “Disordini del Movimento” e tra queste è la più frequente.

La causa che porta alla loro morte è sconosciuta. All’esordio della malattia, i sintomi più evidenti sono legati al movimento, ed includono tremori, rigidità, lentezza nei movimenti e difficoltà a camminare. In seguito, possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali, con la demenza che si verifica a volte nelle fasi avanzate.

La patologia è caratterizzata dall’accumulo di una proteina, chiamata alfa-sinucleina, in inclusioni denominate corpi di Lewy nei neuroni e dall’insufficiente formazione di dopamina. La distribuzione anatomica dei corpi di Lewy è spesso direttamente correlata all’espressione e al grado dei sintomi clinici di ciascun individuo.

La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile. L’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni.

Ogni paziente deve affidarsi a un neurologo specializzato in disturbi del movimento fin dalle fasi iniziali di malattia. Utilizzare corrette terapie fin dalle prime manifestazioni consente infatti di rallentare la progressione della malattia con una miglior qualità di vita rispetto a chi inizia le terapie tardivamente, quando i sintomi motori hanno ormai prodotto una grave invalidità funzionale.

Parkinson dura e faticosa la quotidianità dei caregiver

Parkinson dura e faticosa la quotidianita dei caregiver

Il trattamento della malattia di Parkinson pone in primo piano la terapia farmacologica ma, negli ultimi anni sono state sviluppati anche diversi approcci chirurgici. I farmaci possono aiutare a ridurre i sintomi tipici del Parkinson; è importante ricordare che le terapie per questa malattia sono solo sintomatologiche, e non consentono di interrompere il decorso della malattia, né di guarire.

Chi soffre di patologie come questa non può fare a meno di essere assistito costantemente dai caregivers, che appunto sono coloro che si prendono cura del malato quotidianamente,  figure fondamentali nell’assistenza e nel sostegno ai malati, ma spesso sono lasciati soli a svolgere questo faticoso impegno.

E del resto particolarmente gravosi sono i compiti di assistenza: i pazienti devono prendere farmaci in media 6,3 volte al giorno e la gestione della terapia farmacologica rappresenta un problema rilevante, perché l’80,8% dei pazienti ha bisogno di aiuto per ricordarsi di prendere i farmaci negli orari giusti. Il 42,4% dei pazienti non è autosufficiente in varie attività quotidiane, come il farsi la doccia, il 29,1% ha difficoltà a muoversi, il 21,7% non riesce a mangiare da solo.

A prendersi cura di un malato di Parkinson sono soprattutto le donne (76,4%), un impegno che in media occupa per 10 ore al giorno, nel 30% dei casi senza nessun aiuto. E non stupisce che il 79,2% ne abbia risentito sul piano della salute; il 55,7% sacrifica il proprio tempo libero, il 36,9% il lavoro, il 31% le amicizie.

Questo il quadro che emerge da una ricerca realizzata dal Censis, con il contributo non condizionato di AbbVie, sul ruolo del caregiver nel Parkinson avanzato.

Dai dati emerge ancora che l’età media di chi assiste un malato è di 59 anni (58 anni per le donne e 62 per gli uomini). Sono residenti soprattutto al Nord (39,4%) e al Sud (36%), meno al Centro (24,6%). A occuparsi dei malati di Parkinson uomini sono soprattutto le mogli (nel 65,3% dei casi), mentre per le pazienti aumenta la quota dei caregiver uomini (42,4%) che sono comunque meno delle caregiver donne (57,6%), di solito le figlie.

Le conseguenze di tanta dedizione si ripercuotono su molteplici aspetti: dedicarsi all’assistenza del malato di Parkinson comporta anche cambiamenti nella vita lavorativa per il 36,9% dei caregiver, maggiormente per gli uomini (il 41,7% a fronte del 35,5% delle donne). Il 55,7% sacrifica il proprio tempo libero. Il 31% ha perso alcune amicizie; il 26,1% riferisce un impatto negativo su tutti i componenti del nucleo familiare, costretti a fare i conti con la presenza di un paziente con gravi problemi di salute e necessità assistenziali.

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