In queste settimane la sanità pubblica si è occupata, con tutti i mezzi che aveva a sua disposizione, dell’emergenza Coronavirus, blindando i reparti per evitare ulteriori contagi, e dando priorità solo ai contagi da Covid.
E non si poteva fare altrimenti, trovandosi dinanzi ad una pandemia mondiale che andava controllata e circostritta, ma purtroppo non si muore solo di Covid.
La stragrande maggioranza degli altri pazienti, quindi, sono stati costretti a rimandare cure ed interventi, ed ora si rischia un vero e proprio “ingorgo”.
A mettere in guardia sui rischi è Pierluigi Marini, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani e primario al San Camillo di Roma, che ha fatto sapere come sono saltati almeno 500mila interventi chirurgici e milioni di visite e di esami.
“È una situazione mai affrontata prima – ha detto -. Con la chiusura delle sale operatorie, con gli ospedali, almeno all’inizio, non attrezzati a percorsi Covid o completamente occupati dall’ emergenza del virus, il nostro lavoro si è interrotto quasi del tutto”.
“E nel nostro Paese abbiamo circa mille nuovi casi di cancro al giorno”, ha aggiunto Marini, che chiede investimenti rapidi e importanti sulla sanità, sia per assumere che per acquisire nuove tecnologie.
“Dobbiamo tentare il recupero – ha spiegato ancora -. Ma se anche lavorassimo il 20% più di prima, impiegheremmo 11 mesi a raggiungere una cifra di interventi accettabile, che colmerebbe il divario che si è creato. Non è fattibile. Le conseguenze di questo accumulo sono spaventose”.
Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di cardiologia, ha rincarato la dose: “Abbiamo avuto la metà di ricoveri di pazienti con infarto miocardico rispetto all’anno scorso e, tra chi si è ricoverato, la mortalità è triplicata. Siamo tornati indietro di 20 anni”.