Trapianto di rene, a Padova catena di cross over innescata da un cadavere

VEB

Il trapianto renale rappresenta la forma più completa di terapia sostitutiva dell’insufficienza renale cronica.

Il trapianto renale è un intervento chirurgico che consiste nel prelevare un rene sano da un donatore cadavere o un donatore vivente e impiantarlo nella parte anteriore dell’addome del paziente ricevente in sede extraperitoneale.

Nello specifico, il rene viene inserito in fossa iliaca destra o sinistra (sede inguinale) vicino alla vescica. I reni naturali sono lasciati nella loro sede anche se non funzionano più. Solo in casi particolari (reni polistici) sono rimossi prima del trapianto del nuovo rene.

Il primo trapianto di rene sperimentale venne eseguito nel 1902 dal chirurgo austriaco Ullmann su un cane, mentre nel 1950 Huffnagell, Landsteiner e Hume realizzarono un trapianto di rene su una donna uremica, collegandolo ai vasi del braccio; l’organo iniziò immediatamente a produrre urina e dopo due giorni fu rimosso, una volta che i reni nativi ebbero ripreso a funzionare.

Nel 1954 Joseph Murray realizzò il primo trapianto renale tra gemelli monozigoti a Boston, e per la prima volta l’organo venne alloggiato nella fossa iliaca. Se i primi anni furono caratterizzati da numerosi rigeti dell’organo, nel 1962 l’avvento dell’azatioprina e, nel 1963, la sua associazione con i corticosteroidi, ridusse in maniera significativa l’incidenza degli episodi di rigetto.

Dalla fine degli anni settanta a oggi numerosi altri farmaci immunosoppressivi sono stati impiegati nella prevenzione del rigetto.

In generale, il problema principale oggi è la carenza di organi per il trapianto. I reni per il trapianto possono provenire da donatori viventi che sono suoi parenti o da persone che non hanno legami di sangue con lei, come un coniuge o amici stretti. In alcuni Paesi potrebbero anche provenire da donatori sconosciuti viventi che vogliono fare una donazione disinteressata.

Trapianto di rene a Padova

Grazie a un intervento eccezionale appena eseguito proprio qui in Italia, c’è una possibilità in più: a Padova, per la prima volta al mondo, è stata avviata una “catena di trapianto” tra coppie donatore-ricevente incompatibili innescata da un donatore deceduto.

In sostanza, lui non poteva ricevere il rene dalla moglie incompatibile e correva un grave rischio, trovandosi in lista di attesa già da diverso tempo: così il malato ha ricevuto il rene da donatore compatibile non vivente mentre la moglie, incompatibile a livello immunologico con il marito, si è resa disponibile per un trapianto ad un altro malato già nel corso dei prossimi giorni.

Il progetto è stato realizzato dall’equipe del centro trapianti di rene dell’A.O. Universitaria di Padova, diretta da Paolo Rigotti, in collaborazione con il laboratorio del centro interregionale di immunogenetica NIT di Milano e il laboratorio regionale di immunogenetica dell’Ospedale di Camposampiero.

La catena di trapianto cross-over è, in sintesi, la sequenza degli incroci che si hanno a disposizione.

Tuttavia, per la prima volta al mondo, la modalità cross-over è stata utilizzata con un donatore deceduto. «La novità del programma realizzato ieri sta nel fatto che per la prima volta questo programma è stato avviato utilizzando un donatore di rene deceduto. Considerando che il numero dei donatori deceduti allocati presso un centro trapianti è nettamente superiore alla disponibilità dei donatori da vivente, questo consentirà di aumentare il pool di potenziali donatori compatibili da utilizzare per l’avvio di un numero maggiore di catene che coinvolgano coppie incompatibili e pazienti difficilmente trapiantabili», spiega Rigotti.

A sottolineare l’eccezionalità dell’intervento anche il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia: “Il sistema trapiantistico della Sanità veneta si dimostra ogni giorno di più all’avanguardia, non solo per il livello tecnico dei suoi chirurghi e per l’efficienza della sua organizzazione, ma anche per la capacità di cercare e attraversare nuove frontiere per dare nuove speranze di vita a malati che, senza il trapianto, non ne avrebbero. Questa volta la frontiera superata si chiama ‘Cross Over da donatore deceduto’, ed è con orgoglio che mi complimento con i protagonisti della nuova impresa”.

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