Un semplice errore di ortografia ha mandato un uomo innocente in carcere per ben due volte. Il caso, denunciato dalla Commissione contro la Corruzione dell’Australia Occidentale (CCC), solleva gravi dubbi sulla gestione dei dati e sull’affidabilità dei controlli della polizia.

Marc o Mark? L’errore che ha cambiato la vita di un uomo
Un uomo, identificato con lo pseudonimo di Marc Smith, è stato arrestato ingiustamente due volte nel giro di pochi mesi a causa di una banale svista: il suo nome è stato registrato nel sistema informatico della polizia come Mark Smith, identico a quello di un soggetto ricercato per gravi reati. La somiglianza ha fatto scattare un mandato d’arresto errato, nonostante l’uomo non avesse alcun precedente penale.
La vicenda, riportata in un dettagliato rapporto del Western Australian Corruption and Crime Commission (CCC), è avvenuta nel gennaio 2023, quando Marc ha chiamato i soccorsi dopo essersi sentito minacciato dal proprietario di una barca. Tuttavia, l’operatore d’emergenza ha trascritto il suo nome in modo scorretto, facendo scattare il collegamento con un mandato pendente a carico del vero Mark Smith.
Una notte in prigione… per colpa di un errore
La polizia, arrivata sul posto, ha arrestato Marc con l’accusa di furto d’imbarcazione, possesso di una tessera SmartRider rubata e violazione della libertà su cauzione. Nonostante l’uomo abbia avvisato gli agenti dell’errore nel nome, nessuna verifica accurata è stata effettuata. Nemmeno il controllo delle impronte digitali, che non combaciavano con quelle nel sistema, ha fermato l’arresto.
Marc ha trascorso una notte in carcere, e solo il giorno seguente un magistrato si è accorto della svista, archiviando immediatamente le accuse.
Il secondo arresto: stesso errore, stessa stazione di polizia
Tre mesi dopo, la storia si è ripetuta. Marc si è recato di nuovo alla stessa stazione di polizia per chiedere aiuto, e ancora una volta un agente ha inserito il suo nome in modo errato nel sistema. Di fronte alla foto del vero ricercato, l’agente ha eseguito un secondo arresto.
Solo dopo ulteriori verifiche Marc è stato rilasciato. Il danno, però, era già fatto.
Le critiche del CCC e la risposta della polizia
Il rapporto della CCC è durissimo: «La gravità della situazione avrebbe dovuto essere valutata in modo appropriato fin dall’inizio. Questa faccenda avrebbe potuto essere evitata se gli agenti avessero effettuato controlli di base». Il documento sottolinea che l’uomo era vulnerabile e che è stato sottoposto a trattamenti inaccettabili per una negligenza sistemica.
Nonostante un’indagine interna abbia stabilito che non c’erano prove sufficienti per accusare gli agenti di privazione della libertà, l’organo di controllo ha messo in dubbio l’adeguatezza delle misure adottate.
In una nota ufficiale, la polizia dell’Australia Occidentale ha riconosciuto l’errore: «Gestiamo oltre 1,5 milioni di chiamate l’anno, ma anche un solo errore è di troppo. Tre ufficiali coinvolti nel caso hanno ricevuto provvedimenti gestionali permanenti», ha dichiarato un portavoce, ribadendo l’impegno nel migliorare sistemi e procedure per evitare il ripetersi di simili episodi.
Errori digitali e giustizia: un problema globale
Questo caso mette in evidenza quanto siano fragili i sistemi basati sull’identificazione automatizzata, soprattutto quando non accompagnati da controlli umani accurati. Secondo un report del MIT Technology Review, errori nei database di polizia o nei software di riconoscimento facciale possono portare a gravi violazioni dei diritti civili, soprattutto nei confronti delle persone più vulnerabili.
Anche la Human Rights Watch ha più volte denunciato i rischi connessi a un’eccessiva fiducia nelle tecnologie senza meccanismi di verifica solidi.
Conclusione
L’errore tra “Marc” e “Mark” sembra piccolo, ma ha avuto conseguenze enormi. Questa vicenda dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme non solo per la polizia australiana, ma per tutte le forze dell’ordine nel mondo che affidano il destino delle persone a sistemi informatici senza un controllo umano adeguato.