Nella notte del 3 giugno 1980, il respiro del mondo si fermò. Mentre la Guerra Fredda era al suo apice, con le truppe sovietiche in Afghanistan, i computer della difesa americana segnalarono l’impensabile: un massiccio attacco nucleare sovietico era in corso. Per alcuni, interminabili minuti, il destino dell’umanità fu appeso a un filo.

Minuti di Terrore al NORAD
Alle 02:26 del mattino, nel cuore del bunker del NORAD (Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America) scavato nel Monte Cheyenne, gli schermi si illuminarono di rosso. I sistemi rilevarono un primo lancio di 220 missili balistici intercontinentali dall’Unione Sovietica. La procedura scattò immediatamente: gli equipaggi dei bombardieri strategici B-52 avviarono i motori, pronti al decollo.
La notizia arrivò fulminea a Washington. Il generale William Odom contattò Zbigniew Brzezinski, Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Carter. Mentre Brzezinski era al telefono, la situazione precipitò. Un secondo aggiornamento, ancora più catastrofico, arrivò da Odom: i missili sovietici diretti verso gli Stati Uniti erano in realtà 2.200. Un numero che significava l’annientamento totale. Come riportato nelle sue memorie, Brzezinski decise di non svegliare sua moglie, pensando: “Se questa è la fine, è meglio che muoia nel sonno”.
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La Causa: un Componente da Meno di un Dollaro
Mentre i vertici militari avevano solo una manciata di minuti per decidere se scatenare un contrattacco devastante, un ufficiale notò un’anomalia cruciale. I dati non quadravano tra i vari sistemi di allerta. Il sistema satellitare a infrarossi, progettato per rilevare il calore dei lanci missilistici, non segnalava nulla. Questo creò il dubbio necessario a fermare la reazione a catena.
Un’indagine frenetica rivelò una verità tanto assurda quanto terrificante. Il mondo sfiorò la guerra nucleare per un errore informatico. L’intero allarme globale non era altro che un glitch. La causa di tutto? Un chip difettoso da 46 centesimi in un multiplexer, un componente del sistema di comunicazione del NORAD. Questo microchip aveva erroneamente interpretato una simulazione di addestramento, caricata su nastro, come un attacco reale, proiettando lo scenario di apocalisse sugli schermi del comando centrale.
L’incidente, insieme ad altri simili avvenuti in quel periodo, servì da severo monito. Come documentato dal National Security Archive, questi eventi portarono a una revisione completa e a un rafforzamento dei protocolli di verifica, introducendo ulteriori controlli incrociati per prevenire che un errore così piccolo potesse avere conseguenze così grandi.
La notte del 3 giugno 1980 rimane una testimonianza agghiacciante di come la tecnologia, anche la più banale, possa avere un impatto sproporzionato in un mondo sull’orlo del conflitto.
Per approfondire la cronologia degli eventi e i documenti declassificati, puoi consultare gli archivi del National Museum of the U.S. Air Force.
FAQ – Domande Frequenti
Cosa causò il falso allarme nucleare del 1980? Il falso allarme del 3 giugno 1980 fu causato da un chip per computer difettoso del valore di 46 centesimi. Questo componente guasto, all’interno del sistema di comunicazione del NORAD, interpretò erroneamente una simulazione di addestramento registrata come se fosse un vero attacco missilistico sovietico in corso.
Chi era Zbigniew Brzezinski e quale fu il suo ruolo? Zbigniew Brzezinski era il Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Jimmy Carter. Fu una delle prime persone ad essere informate dell’imminente (e presunto) attacco. Ricevette la telefonata nel cuore della notte e si trovò di fronte alla decisione di svegliare o meno il Presidente per autorizzare una risposta nucleare.
Come fu evitato l’attacco nucleare di risposta? La guerra fu evitata grazie alla prontezza degli ufficiali del NORAD. Notarono discrepanze significative tra i dati del computer principale e quelli provenienti da altri sistemi di allerta, come i satelliti. Questa anomalia concesse i pochi istanti necessari per verificare e scoprire che si trattava di un errore di sistema.
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