Il Medio Oriente torna ad essere teatro di tensioni internazionali. Nella notte del 12 giugno, l’aeronautica israeliana ha colpito decine di obiettivi strategici sul territorio iraniano, inclusi siti nelle città di Teheran, Isfahan, Tabriz e Kermanshah. Una risposta diretta – secondo il governo israeliano – alla crescente minaccia rappresentata dal programma nucleare iraniano, che avrebbe già raggiunto livelli critici per la produzione di ordigni atomici.

Benjamin Netanyahu, Primo Ministro di Israele, ha dichiarato con fermezza che il proprio Paese non tollererà lo sviluppo di armi di distruzione di massa da parte di Teheran. I dati ufficiali parlano di oltre 60 vittime in Iran, inclusi diversi minori, mentre Israele avrebbe riportato almeno tre morti in seguito ai contrattacchi.
La domanda che agita l’opinione pubblica: è l’inizio di un conflitto globale?
Le immagini degli attacchi e il bilancio umano hanno provocato allarmi in tutto il mondo. L’ombra di una possibile Terza Guerra Mondiale si è rapidamente diffusa sui social e nei media internazionali. Ma secondo l’esperto di geopolitica André Lajst, questa prospettiva appare, almeno per ora, improbabile.
“No, non ci sarà una guerra mondiale”: l’analisi degli esperti
Intervistato da Metrópoles, Lajst chiarisce che per parlare di guerra globale è necessario il coinvolgimento diretto di superpotenze come Stati Uniti, Russia o Cina. Attualmente, nessuna di queste è disposta ad entrare in un conflitto aperto in difesa dei propri alleati nel Golfo Persico. Il conflitto, dunque, rimane confinato a una dimensione regionale.
Israele, dotato di una delle forze militari più avanzate al mondo, gode dell’appoggio strategico di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania. L’Iran, pur essendo influente nella regione, non ha la stessa potenza di fuoco. Inoltre, le grandi potenze non sembrano intenzionate a “mettere gli stivali sul terreno”, proprio come accaduto nel caso della guerra in Ucraina, dove il supporto occidentale è rimasto prevalentemente indiretto.
Perché l’Iran vuole davvero il nucleare?
Lajst suggerisce che, al di là della retorica, la spinta iraniana verso la bomba atomica abbia radici profonde nella logica della sopravvivenza del regime. Teheran avrebbe imparato una lezione fondamentale da casi come quelli di Iraq e Libia: rinunciare al nucleare può significare esporsi all’intervento straniero. Al contrario, la Corea del Nord ha garantito la propria continuità proprio grazie alla deterrenza atomica.
In questa prospettiva, l’arma nucleare è vista dall’Iran non come strumento di attacco, ma come scudo geopolitico. Una barriera in grado di assicurare il rispetto da parte delle altre nazioni e, in particolare, di dissuadere qualunque tentativo di cambiamento di regime dall’esterno.
Fonti autorevoli:
- The Guardian – Middle East tensions rise
- International Atomic Energy Agency – Iran Nuclear Inspections
- United Nations Security Council Reports
- Metrópoles – Intervista ad André Lajst
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