Ebola, paura con 17 vittime già accertate in Congo

VEB

Qualche mese fa abbiamo avuto modo di parlare più che abbondantemente, per la paura che si potesse assistere ad una vera e propria pandemia, dell’Ebola poi per fortuna il peggio è stato scongiurato e con lo scampato pericolo si è allontanata anche l’attenzione dei media.

L’ebola è un virus particolarmente aggressivo in grado di causare una febbre emorragica potenzialmente mortale per uomini ed altri primati (scimmie, gorilla, scimpanzé); la scoperta del virus risale al 1976 in Congo (Africa).

I primi focolai di EVD si sono verificati in villaggi dell’Africa centrale e occidentale, vicini alla foresta pluviale, ma la più recente epidemia in Africa occidentale ha coinvolto le principali aree urbane e rurali.

La malattia si trasmette per contagio animale o mediante contatto diretto con sangue, fluidi corporei e tessuti di soggetti infetti. L’ospite naturale del virus Ebola è sconosciuto, quindi non è possibile attuare programmi per controllare o eliminare i serbatoi naturali del patogeno.

I virus che causano la malattia trovano facile diffusione in famiglie e gruppi di amici in quanto sono soggetti che vengono a stretto contatto con le secrezioni infettanti, quando si occupano dei malati. Durante i focolai (ossia le piccole epidemie) la malattia può diffondersi rapidamente anche all’interno di presidi sanitari (ad esempio una cliniche ed ospedali) se il personale non indossa un adeguato equipaggiamento protettivo come maschere, camici e guanti. I centri medici in Africa sono spesso così poveri che devono riutilizzare aghi e siringhe ed alcune delle peggiori epidemie di Ebola si sono verificati a causa di iniezioni contaminate.

La rapida progressione dell’infezione complica ulteriormente la gestione di questa malattia, in quanto offre poche possibilità all’ospite umano di sviluppare un’adeguata immunità acquisita. Il trattamento predominante è di supporto generale.

Allo stato attuale non esiste una terapia in grado di neutralizzare il virus; sono in fase di studio l’uso di sangue intero e sieri provenienti da soggetti convalescenti e terapie farmacologiche.

La mortalità tra i pazienti in Africa occidentale nell’epidemia iniziata nel 2014 è circa del 71% (range dal 46% in Nigeria al 69-72% in Guinea, Sierra Leone e Liberia).

Valutando nell’insieme l’elevata mortalità, la rapidità con cui si manifestano i sintomi e la localizzazione delle infezioni (di norma regioni isolate), il rischio di epidemia globale è considerato basso, eppure il virus fa comunque molta paura.

Proprio in queste ore sempre dalle stesse zone già flagellate nel recente passato arrivano però brutte notizie: almeno 17 persone sono infatti morte nella Repubblica Democratica del Congo, dove i funzionari della sanità hanno confermato un focolaio del virus Ebola.

Prima che l’epidemia venisse confermata, gli operatori sanitari locali hanno riferito di 21 pazienti che mostravano segni di febbre emorragica nei pressi del villaggio di Ikoko Impenge, vicino alla città di Bikoro, nel nord-ovest del Paese. Diciassette dei quali sono successivamente morti.

I team medici sostenuti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sono stati inviati nella zona sabato e hanno prelevato cinque campioni da sospetti casi in corso. Due di questi sono risultati positivi per il ceppo Zaire del virus Ebola, ha reso noto il ministero.

Si tratta del nono focolaio nel Paese da quando è stata scoperta la malattia, che è considerata endemica in Drc, l’ultimo dei quali nel 2017. «La priorità ora è arrivare a Bikoro per lavorare con il Governo della Drc e gli altri partner – ha affermato Peter Salama, vicedirettore dell’Oms – lavorare in maniera coordinata sarà vitale per contenere questa malattia mortale».

L’Organizzazione mondiale della sanità ha stanziato 1 milione di dollari provenienti dal Fondo per le emergenze per finanziare le attività di risposta contro il virus. L’Oms ha schierato più di 50 esperti per lavorare a stretto contatto con il governo e le autorità sanitarie partner.

L’Oms inoltre sta lavorando a stretto contatto con il governo della Repubblica democratica del Congo per aumentare rapidamente le operazioni e mobilitare i partner sanitari, utilizzando il modello di risposta applicato per un’epidemia di Ebola simile nel 2017.

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