La possibilità che non siamo soli nell’universo affascina da sempre scienziati e appassionati di astronomia. A rilanciare la ricerca della vita aliena è ora un progetto innovativo promosso dalla prestigiosa Università di Harvard, che sfrutta l’intelligenza artificiale per individuare possibili tecnofirme extraterrestri – segnali di tecnologie non umane potenzialmente presenti nel nostro sistema solare.

L’iniziativa, denominata Progetto Galileo, è stata lanciata nel 2021 con l’obiettivo di studiare in modo sistematico gli oggetti volanti non identificati (UFO), oggi indicati come UAP (Unidentified Anomalous Phenomena). A differenza degli approcci tradizionali, che si concentravano esclusivamente sulla captazione di segnali radio dallo spazio, Galileo punta a riconoscere manifestazioni tecnologiche più sofisticate e visibili direttamente, sfruttando tecnologie avanzate e un’analisi dati supportata dall’AI.
Un osservatorio all’avanguardia sul tetto di Harvard
Nel 2022 è entrato in funzione il primo osservatorio Galileo, installato direttamente sul tetto del campus di Harvard. Questo sofisticato impianto raccoglie in tempo reale dati attraverso una rete di sensori ad alta precisione: telecamere a infrarossi, spettrometri, contatori di particelle e magnetometri. Il sistema è progettato per distinguere tra fenomeni atmosferici noti — come droni, uccelli o palloni — e anomalie che non trovano spiegazione nei modelli terrestri conosciuti.
La chiave di volta dell’intero progetto è un potente algoritmo di intelligenza artificiale capace di elaborare grandi volumi di dati e identificare schemi o segnali inconsueti, potenzialmente riconducibili a tecnologie non umane. Questo approccio si inserisce in un cambiamento di paradigma: come evidenziato dal direttore del progetto, il professor Avi Loeb, “le civiltà aliene potrebbero utilizzare tecnologie molto più avanzate delle nostre e non comunicare più tramite onde radio”.
Un nuovo approccio alla ricerca extraterrestre
Il progetto Galileo nasce come risposta alle lacune dei metodi scientifici precedenti, spesso limitati a cercare segnali SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) provenienti da galassie lontane. Tuttavia, secondo Loeb e il suo team, gli alieni potrebbero aver lasciato tracce della loro esistenza più vicine a noi, magari attraverso sonde spaziali o dispositivi tecnologici in orbita o sulla superficie di pianeti del nostro sistema solare.
Questo nuovo approccio è supportato anche da un crescente interesse istituzionale: nel 2023, la NASA e il Pentagono hanno dichiarato di voler approfondire lo studio degli UAP, riconoscendo che alcuni fenomeni registrati restano inspiegabili nonostante l’uso di tecnologie militari avanzate (NASA.gov, Defense.gov).
Prospettive future
Sebbene il progetto sia ancora nelle fasi iniziali, il team di Harvard spera che l’uso combinato di osservazione diretta e intelligenza artificiale possa condurre, per la prima volta, alla rilevazione concreta di tracce aliene. Una scoperta simile rivoluzionerebbe non solo l’astrofisica, ma anche la nostra comprensione del posto dell’umanità nell’universo.
Come riportato anche da Scientific American e The New York Times, l’interesse accademico verso l’argomento UFO è in forte crescita, e progetti come Galileo dimostrano che la scienza è pronta ad affrontare con rigore un tema troppo a lungo relegato al sensazionalismo.
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