riscaldamento globale, geoingegneria solareIl piano per raffreddare la Terra con jet Boeing e milioni di tonnellate di particelle - veb.it

Il piano per raffreddare la Terra con jet Boeing e milioni di tonnellate di particelle

VEB

Un team di ricercatori dell’University College London (UCL) ha proposto una strategia radicale per contrastare il riscaldamento globale: utilizzare jet commerciali per rilasciare milioni di tonnellate di particelle riflettenti nell’atmosfera, riducendo così la quantità di luce solare che raggiunge il suolo terrestre. Una proposta che ha suscitato grande interesse ma anche forti controversie nella comunità scientifica e politica internazionale.

Il piano per raffreddare la Terra con jet Boeing e milioni di tonnellate di particelle

Questa tecnica, nota come geoingegneria solare, rientra nelle cosiddette soluzioni di “raffreddamento planetario” e si ispira a fenomeni naturali come le grandi eruzioni vulcaniche, capaci di ridurre temporaneamente le temperature globali.


Aerosol stratosferici e Boeing in missione: la proposta dell’UCL

Fino a oggi, si riteneva che per iniettare aerosol nella stratosfera fosse necessario costruire velivoli speciali in grado di raggiungere altitudini superiori ai 20 chilometri. Tuttavia, lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Earth’s Future ha ribaltato questo paradigma: aerei esistenti come il Boeing 777F potrebbero operare efficacemente a 13 km di quota, un livello più accessibile e tecnicamente già raggiungibile.

Secondo i modelli climatici sviluppati dal team UCL, l’iniezione di anidride solforosa in atmosfera a queste altitudini – in particolare sopra le regioni polari – potrebbe ridurre la temperatura media globale di circa 0,6 °C, un effetto temporaneo ma significativo nel contenere l’emergenza climatica.


Il prezzo ambientale: 12 milioni di tonnellate di particelle ogni anno

C’è però un grande “ma”: operare a quote inferiori comporta un costo in termini di quantità. Per ottenere gli stessi effetti delle altitudini maggiori, sarebbe necessario rilasciare ogni anno oltre 12 milioni di tonnellate di particelle, una quantità che solleva preoccupazioni ambientali importanti.

L’anidride solforosa, infatti, può reagire con l’umidità atmosferica formando acido solforico, che contribuisce all’acidificazione delle piogge. Inoltre, la distribuzione degli effetti di raffreddamento non sarebbe uniforme: nelle aree tropicali – le più vulnerabili al caldo estremo – l’efficacia del metodo sarebbe significativamente inferiore.


Potenziale scientifico, ma non è una soluzione magica

Alistair Duffey, dottorando UCL e primo autore dello studio, è chiaro:

“La geoingegneria solare non è una panacea. I rischi sono seri e vanno studiati a fondo. Tuttavia, ora sappiamo che l’intervento è tecnicamente più accessibile, e questo cambia il panorama delle future decisioni politiche.”

Proprio per questo, il governo del Regno Unito ha stanziato 60 milioni di sterline per finanziare progetti di ricerca sulla geoingegneria, inclusi studi su impatti etici, ambientali e geopolitici. Anche negli Stati Uniti, la National Academies of Sciences ha invitato a creare un framework normativo globale prima di procedere con test su larga scala.


Una misura tampone, non un’alternativa alla decarbonizzazione

Anche se la geoingegneria solare potrebbe guadagnare tempo contro l’aumento delle temperature, non affronta le cause profonde della crisi climatica. Non riduce le emissioni di CO₂, non risolve l’acidificazione degli oceani e non ferma la perdita di biodiversità.

Inoltre, c’è il rischio concreto che una brusca interruzione del programma (per ragioni politiche o economiche) provochi un rimbalzo termico catastrofico, noto come termination shock.


Controllare il clima: un’arma geopolitica?

Un altro tema caldo è chi controllerebbe questa tecnologia. Stati con grandi flotte aeree – come Stati Uniti, Cina o Russia – potrebbero, in teoria, modificare il clima regionale a proprio vantaggio, scatenando tensioni internazionali. Per questo, gli esperti auspicano la creazione di accordi multilaterali vincolanti, come suggerito anche da un rapporto del Center for Climate and Security.


Conclusione: una strada estrema per tempi estremi

La geoingegneria solare rappresenta una delle ipotesi più audaci e controverse nella lotta al cambiamento climatico. Se mai dovesse essere attuata, segnerebbe l’inizio di una nuova era in cui l’uomo assume un controllo diretto sul sistema climatico globale, con tutte le responsabilità e i rischi del caso.

Per ora, resta una soluzione estrema da considerare solo in combinazione con politiche forti di riduzione delle emissioni, investimenti nelle energie rinnovabili e piani di adattamento climatico.


Fonti autorevoli:

  • Earth’s Futuredoi.org
  • The Guardian – “Solar geoengineering: climate fix or dangerous distraction?”
  • National Academies of Sciences – “Reflecting Sunlight: Recommendations for Solar Geoengineering Research”
  • Center for Climate and Security – “Governing Climate-Altering Technologies”
Next Post

Linea di Wallace: il confine invisibile che divide la natura da milioni di anni

Nel cuore dell’Indonesia, tra isole apparentemente vicine e simili per clima e morfologia, esiste un confine invisibile che neppure la natura osa attraversare. È la cosiddetta Linea di Wallace, una barriera ecologica che da oltre 160 anni affascina biologi, geografi ed evoluzionisti. Tracciata per la prima volta nel 1859 dal […]
Linea di Wallace il confine invisibile che divide la natura da milioni di anni