La geoingegneria in campo per salvare la Barriera Corallina

VEB

La barriera Corallina è una delle bellezze naturali più meravigliose al mondo, eppure è sempre meno incontaminata: l’inquinamento selvaggio che l’uomo provoca, la pesca incontrollata, la lenta ma inesorabile erosione delle sue barriere la stanno irrimediabilmente danneggiando, distruggendo anche alcuni esemplari rarissimi di specie marine che vivono solo in quei fondali.

Una delle cause principali della sua distruzione sono le altissime emissioni di CO2, eppure, ad oggi, la Barriera Corallina è così compromessa che la sola riduzione di queste emissioni non basta più a salvarla. Stando agli esperti della Carnegie Institution for Science e dell’università di Exeter, anche centrando l’obiettivo più ambizioso dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sulla riduzione della CO2, entro la metà di questo secolo si assisterà a un severo e diffuso sbiancamento dei coralli.

Ecco allora che una possibilità importante si apre grazie alla messa a punto di una speciale tecnica, denominata Solar Radiation Management: la nuova tecnica di geoingegneria consiste nell’iniettare gas nella stratosfera per formare particelle microscopiche in grado di riflettere parte dei raggi solari e quindi di limitare l’aumento delle temperature superficiali dei mari.

In questo modo si potrebbe raggiungere un certo raffreddamento dei mari e di conseguenze la salvaguardia del delicato ecosistema delle barriere coralline.

“Non c’è una scelta diretta tra la mitigazione convenzionale e l’ingegneria del clima, ma questo studio dimostra che o dobbiamo accettare come inevitabile la perdita di un’ampia percentuale di barriere coralline nel mondo, oppure dobbiamo cominciare a pensare oltre la mitigazione delle emissioni di CO2″, spiega Peter Cox dell’università di Exeter.

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