Con la rete e soprattutto grazie ai social ormai ci sembra scontato poter dire sempre quello che vogliamo, come vogliamo e nelle forme che preferiamo.

Dimentichiamo, però, che il diritto di professare liberamente il proprio pensiero è una conquista relativamente recente, frutto di millenni di battaglie sanguinose, e proprio per questo dovremmo capirne la reale portata e non permettere, a nessuno, di privarcene.
La libertà di pensiero e di parola ancora oggi non vige in molti paesi del mondo, dove regimi dittatoriali impongono in cosa credere e a cosa conformarsi forzatamente.
Nella stessa Italia, durante il lungo periodo fascista che si è concluso solamente nel 1945, non si poteva contraddire il pensiero e il volere del Duce, Benito Mussolini: farlo voleva dire, nella migliore delle ipotesi, essere arrestato o mandato in esilio.
Ed è proprio per questo che i padri costituenti, quando hanno steso il testo della Costituzione, la legge suprema del nostro stato democratico, hanno scelto di consacrare la libertà di pensiero e di parola in un apposito articolo.
L’articolo 21 recita infatti che: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
A questo aggiungiamo anche che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo afferma all’articolo 18:
“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo”.