Marijuana, il rischio di decesso per ipertensione triplica con la cannabis

VEB

Con la Marijuana aumenta di tre volte il rischio di decesso per ipertensione.

La Cannabis terapeutica è senza dubbio utile nella terapia del dolore cronico, ma l’assunzione potrebbe avere importanti controindicazioni. D’altro canto c’è un problema di fondo, che va di là dal dato scientifico.

Specialmente in Italia, si ha l’impressione che da decenni è condotta una battaglia sulla Cannabis secondariamente per motivi di salute e primariamente per motivi ideologici.

Vale a dire il famoso spinello libero, la libertà di fumare quelle che sono impropriamente chiamate droghe leggere.

E se prima si prende una posizione ideologica e poi si cerca di trovare le giustificazioni scientifiche al preconcetto, non c’è dubbio che si fa del male sia all’etica sia alla scienza.

Ecco che allora bisogna fare attenzione a studi di indubbio livello che mirano a verificare le potenzialità negative della Marijuana.

Secondo uno studio della prestigiosa Georgia University di Atlanta, si è accertato che la Cannabis tende ad alzare la pressione, e tende a farlo in maniera consistente. La ricerca ha appurato che chi consuma Marijuana, ha tre volte di più probabilità di morire di ipertensione rispetto a un non consumatore.

Barbara Yankey, coordinatrice della ricerca, afferma in proposito: “Se il consumo aumenta, il rischio aumenta ogni anno di più. Sappiamo che nelle sale di emergenza si riscontrano numerosi casi di attacchi di cuore e angina in seguito all’uso di Marijuana”.

“Questo indica che l’uso di Marijuana può avere conseguenze anche più pesanti sul sistema cardiovascolare rispetto a quello già stabilito per il fumo di sigarette, anche se il numero di fumatori analizzato nel nostro studio è stato piccolo e si dovrebbe fare un’analisi su un campione più vasto”.

Aggiunge Gianluigi Condorelli, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale Umanitas di Milano: “Il consumo di Marijuana ha sicuramente un effetto acuto sul sistema cardiovascolare, che comporta l’aumento sia della pressione arteriosa sia del battito cardiaco, in seguito all’attivazione del Sistema Nervoso Simpatico. Chi è già affetto da malattie cardiovascolari, può essere pertanto soggetto a un maggior rischio di infarto”.

“È stato dimostrato, infatti, che c’è un incremento significativo di infarti del miocardio entro un’ora dal consumo della sostanza psicoattiva. Più difficile, invece, è stabilire gli effetti cronici, a medio e a lungo termine, scaturiti da tale consumo dato che molto spesso si inseriscono altre variabili sociali come ad esempio il disagio sociale, e stili di vita meno sani, come ad esempio la sedentarietà o l’abuso di alcol”.

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