Quante volte, per andare a scuola, all’università o al lavoro ci siamo dovuti sorbire ore e ore stipati in treni e pullman stracolmi, spesso poco puliti e ancora meno sicuri?
Se è vero che non è certo un bel modo per iniziare o per chiudere una giornata, lo stress che si “guadagna” a fare i pendolari non è risarcibile: a stabilirlo la Corte di Cassazione con una sentenza destinata a far storia.
Tutto era partito dalla richiesta di risarcimento per danno esistenziale avanzata da un professionista che tutti i giorni viaggia da Piacenza a Milano in balia di “ritardi sistematici, sporcizia e affollamento”.
La Cassazione ha stabilito che per ottenere il risarcimento per lo stress dei viaggi da incubo non basta aver viaggiato in piedi su treni gelati d’inverno e torridi d’estate, in ritardo sette mesi su sette, con bagni sporchi e mai un posto a sedere libero, in palese violazione degli standard di “comfort del viaggio” siglati con le Regioni.
I giudici hanno riconosciuto i disservizi che l’uomo è costretto ad affrontare ogni giorni, ma per loro bisogna comunque provare l’effetto di questi disservizi sul piano personale, tenendo presente che serve “un grado minimo di tolleranza”.