Un anno fa in Sierra Leone regnava terrore e morte: decine di persone venivano contagiate ogni giorno dal terribile, ed allora incurabile, virus dell’ebola.
Per mesi si è temuto che si scatenasse una vera e propria pandemia a livello mondiale, quando il virus aveva contagiato alcuni operatori internazionali operanti sul campo, ma per fortuna quel terrore ormai è un lontano ricordo.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha confermato la dichiarazione della fine della trasmissione del virus Ebola in Sierra Leone: “sono trascorse sette settimane senza casi di Ebola e se, come ci auguriamo, continuerà così nelle prossime ore, domani sarà dichiarata la fine della trasmissione del virus nel Paese”, ha detto a Ginevra la portavoce dell’Oms Fadela Chaib.
Dall’inizio dell’epidemia da malattia da virus ebola (Evd) al 18 ottobre 2015, sono stati segnalati all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) un totale di 28.512 casi sospetti, probabili e/o confermati di Evd e 11.313 decessi, in dieci Paesi (Liberia, Guinea, Sierra Leone, Mali, Nigeria, Senegal, Spagna, Regno Unito, Italia e Stati Uniti d’America), come si può leggere nei dati diffusi dal Centro Nazionale di Epidemiologia e Sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità.
«È stato un percorso lungo e drammatico, con il paese messo in ginocchio, annichilito e incapace di reagire di fronte alle cifre dell’epidemia in crescita frenetica. Poi il coprifuoco, le restrizioni ai movimenti, la caccia ai casi di contagio, la dura lotta contro disinformazione e pericolose credenze, l’impegno per sostenere un sistema sanitario devastato ed evitare le perdite collaterali dell’epidemia», racconta Matteo Bottecchia, responsabile dei progetti del Cuamm in Sierra Leone. «La Sierra Leone si prepara adesso a una grande festa liberatoria. Con la consapevolezza che la minaccia di Ebola non è andata per sempre e che un futuro ritorno del virus è più che una possibilità».